Per chi vuole provare a ragionare

Tutti gli anni, in questo periodo, si finisce per fare gli stessi discorsi: nel periodo pre-pasquale, la campagna contro la macellazione di agnelli e capretti diventa sempre più accanita e raccoglie nuovi adepti. Recentemente ho letto di un meteorologo che, terminata la lettura delle previsioni del tempo, ha invitato a non contribuire alla macellazione degli agnelli (su la7). A Napoli invece le macellerie non possono esporre in vetrina agnelli e capretti macellati per ordinanza comunale! Urterebbero la sensibilità di qualcuno… A parte il fatto che ciascuno dovrebbe poter scegliere cosa e come mangiare senza essere accusato di nulla, visto che l’uomo è un animale onnivoro, così come ne esistono altri in natura… Il problema ancora una volta è soprattutto la disinformazione!

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Capretto appena nato

Il discorso è sempre lo stesso, si dice che sono “cuccioli” (parola che mi fa venire l’orticaria! cosa significa “cucciolo”? Ogni specie animale ha un termine italiano che identifica gli esemplari giovani: agnelli, capretti, vitelli, lattonzoli – quelli del maiale, avannotti – dei pesci, pulcini, ecc) strappati alle madri. Ma perché insistere su questo fatto? E perché farlo solo per agnelli e capretti? Non esistono campagne così insistenti nei confronti di altri animali. Molti rifiutano il consumo di queste carni, ma non si fanno problemi di fronte ad una grigliata di Pasquetta con costine, salsicce e cosce di pollo. C’è tantissima gente infatti che non è né vegetariana, né vegana, ma agnello e capretto proprio no. Iniziamo con questa cosa del “cucciolo”. Diciamolo ben chiaro! Non si tratta di animali neonati, innanzitutto per un motivo molto pratico: non ci sarebbe niente da mangiare! Ossa, pelle e poco più. Quando mangiate un pollo arrosto o una coscia di pollo siete tutti consapevoli che non si tratta di un pulcino appena uscito dall’uovo, no? E perché invece vi bevete in massa quella castroneria che agnelli e capretti abbiano giusto un paio di giorni di vita?

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Capretto nato da 10 giorni

Chiarito questo punto, rimaniamo su quella che secondo me è un’ipocrisia: chi mangia questo tipo di carne viene addirittura bollato come assassino anche da chi comunque consuma altri generi di carne o prodotti di origine animale. Sulla scelta alimentare vegana potrei avere da ridire dal punto di vista nutrizionistico, ma soprattutto sulla sostenibilità ambientale, ma non è questa la sede e il momento per farlo. Però almeno c’è una coerenza, si rifiuta tutto ciò che ha origine animale. Chi invece mi dice che “…ah il formaggio di capra è proprio buono… ah il pecorino che squisitezza…“, ma poi mi guarda come se fossi un mostro poiché mi nutro di carne ovicaprina, o è ignorante (nel senso che non conosce, ignora), o è appunto ipocrita. Se vuoi il latte, l’animale deve partorire. A volte nasce una femmina, a volte nasce un maschio…

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Capretto maschio di poche settimane di vita

Dei nuovi nati, qualcosa si alleva, qualcosa viene venduto ad altri allevatori per farne altre capre o pecore, ma i maschi? Purtroppo moltissime persone hanno perso la consapevolezza di come anche gli allevamenti gestiti dall’uomo abbiano comunque delle basi naturali. Per esempio quella che, in natura, in un gregge, in un branco, per molte specie ci sia solo un maschio che, nella stagione degli amori, si accoppia con le femmine. I giovani maschi o vengono scacciati o si affrontano in lunghe e anche sanguinose battaglie… Sapete che si dice che non ci possono essere due galli nello stesso pollaio. Il principio è lo stesso: i galli si affrontano a beccate e speronate, arrivando anche ad uccidersi. I montoni (nelle pecore) o i becchi (nelle capre) lottano a cornate e testate.

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Giovane becco di un anno

Ricordiamoci anche che il capretto “puccioso” dell’immagine precedente in un anno si trasformerà in un becco possente, quello che vedete qui. Vi garantisco che si tratta dello stesso animale, l’ho visto nascere e crescere. E crescerà ancora nei prossimi anni. Dall’età di 6-7 mesi inizia anche ad essere maturo sessualmente, con tutte le normali manifestazioni (caratteriali e olfattive) che caratterizzano questi animali nel periodo del calore. Questo come promemoria per chi volesse “adottare” un capretto per “salvarlo” dalla macellazione. Tra l’altro, quando il becco raggiunge la maturità sessuale, se non è stato castrato, il sapore della sua carne muta radicalmente, pertanto macellarlo dopo darà un prodotto che conta ben pochi estimatori.

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Agnelli di tre mesi di età

Il discorso è sempre lo stesso, fatto per le capre e fatto per le pecore. L’unica differenza forse la possiamo trovare nel fatto che la pecora partorisce tutto l’anno, mentre la capra generalmente partorisce in inverno (da dicembre a marzo), quindi buona parte dei capretti hanno già raggiunto un peso e una dimensione “adatti” alla macellazione proprio nel periodo pasquale. La religione non centra niente, semplicemente si è creata l’usanza di festeggiare con quello che è un “prodotto di stagione”. Si macellano agnelli e capretti e dopo può iniziare la mungitura per fare i formaggi.

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Rientro dal pascolo, piccolo gregge di pecore e capre, razze autoctone valdostane – Nus (AO)

Stamattina mi sono arrabbiata perché una persona che mi segue su facebook ha fatto certi commenti dove si parlava appunto della macellazione di agnelli e capretti. Non conoscevo la signora, ma ho visto che mi aveva chiesto l’amicizia dopo aver letto un articolo che mi riguardava e quindi mi ha contattata dicendo “mi ha incuriosito e interessato la tua storia, una originale passione la tua“. La signora adesso mi ha “tolto l’amicizia”, dopo aver scoperto che la mia “passione originale” prevede anche la vendita per la macellazione degli animali allevati, ma guarda un po’…

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Primo pascolo di primavera a 1000m – Nus (AO)

Qualcuno mi spieghi come si fa a guardare le centinaia di immagini che pubblico, a leggere queste pagine, a leggere i miei libri… pensando forse che io o altri allevatori “si portino a spasso” greggi e mandrie così, giusto per far foto da mettere on-line? Cari “amici” che mi seguite, si alleva con passione, questa passione significa seguire al meglio i propri animali dalla nascita fino alle ultime ore di vita. Ci saranno animali che resteranno anni nel gregge, altri che avranno vita più breve, ma la loro macellazione, la loro vendita, servirà in primis a garantire il benessere di tutti quelli che resteranno in azienda, perché fieno, cereali, mangimi, affitto dei pascoli, non sono gratuiti. Certo, qualcosa andrà in tasca anche all’allevatore, per la vita e il sostentamento suo e della sua famiglia. Lo ritenete sfruttamento? Ma voi… che lavoro fate? Come vi arriva il cibo in tavola? Siete sicuri che non ci sia alcuna forma di “sfruttamento”, magari ben più grave, dietro quello che mangiate e bevete?

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Lana di pecora impigliata nei rovi

Su queste pagine mi sto occupando soprattutto di allevamento di montagna, di territorio montano, di gente che vive e lavora nelle “terre alte”. Non vi sto parlando di allevamento intensivo, di stalle immense, ma di piccole realtà dove spesso si allevano anche razze a rischio di estinzione. Se non si allevasse anche per vendere gli animali al macello, chi e perché continuerebbe ad avere questi animali? Se scomparisse l’allevamento, tutto il nostro territorio cambierebbe faccia. Certo, potete dirmi che le vaste coltivazioni di mais in pianura, finalizzate alla produzione di foraggio per vacche che mai escono dalla stalla non sono il massimo in quanto a sostenibilità. Ma io vi sto parlando di pascolo all’aperto nei mesi in cui il terreno non è coperto dalla neve, alimentazione in stalla con il fieno prodotto sfalciando anche zone ripide. Senza l’allevamento avanzerebbe l’abbandono, i rovi, i cespugli, non il bel paesaggio montano curato che tanto piace anche ai turisti.

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Al pascolo nei vigneti abbandonati – Nus (AO)

Guardate l’immagine sovrastante: fino a 25-30 anni fa queste zone erano coltivate a vigneto. Se oggi non passassero nemmeno più gli animali a pascolare in primavera e autunno, l’abbandono sarebbe totale. Il pascolo inoltre è un sistema di pulizia e manutenzione altamente sostenibile! Per non parlare poi del ruolo ecologico svolto dagli animali. Parlavo l’altro giorno con una signora che mi raccontava della vegetazione particolare lungo i tratturi del centro Italia: nel vello delle pecore venivano trasportati semi che cadevano qua e là durante la transumanza, così si era formato un vero e proprio corridoio con erbe e piante legate al passaggio delle pecore. Capite? Tutto questo è legato alla pastorizia. Perché accanirsi contro questo allevamento in particolare, che forse è ancora tra quelli più tradizionali? Se non vi piace la carne di questi animali per questione di gusto, semplicemente… non mangiatela! Ma smettetela di fare disinformazione, smettetela di danneggiare un patrimonio che fa parte della nostra cultura, del nostro territorio, del nostro DNA.

Grazie a tutti quelli che avranno voglia di leggere fino in fondo, grazie a quelli che vorranno provare a capire davvero.

27 Replies to “Per chi vuole provare a ragionare”

  1. Condivido totalmente quello che hai scritto. Purtroppo l’ignoranza aleggia allegramente in ogni dove. Posterò il tuo articolo sulla mia pagina FB, perchè i miei “amici” devono conoscere cosa significa veramente allevare nelle piccole aziende di montagna

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  2. Difficile da far capire a chi parte dal presupposto di aver già capito tutto occupando stabilmente il pulpito della verità. Lei lo ha scritto bene e anche chi non fosse d’accordo sugli esiti, dovrebbe comunque apprezzare la chiarezza e trovare ragioni di dissenso che non siano i soliti luoghi comuni. grazie.

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  3. Magari sono gli stessi che sponsorizzano l’inserimento della transumanza come patrimonio culturale UNESCO.
    Ovviamente si parla di transumanza di greggi allevati per ragioni ornamentali!

    ho conosciuto da non molto un trentenne nemmeno troppo scemo che ha scoperto adesso il fatto che le bestie per produrre il latte devono prima partorire. Gente nata e cresciuta in città che sa tutto sui ghepardi e i lemuri, visti a superquark, e nulla di pecore, capre, galline, maiali

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    1. sai che uno dei miei prossimi post, appena avrò tempo di mettere insieme idee e foto, vorrebbe essere proprio su queste contraddizioni italiche? comuni che vietano il pascolo vagante, comuni che vietano alle macellerie di far vedere che vendono carne di agnello e capretto… e poi vogliamo la transumanza come patrimonio unesco!

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  4. Il problema è nella ignoranza profonda dei meccanismi dell’allevamento, ma anche della natura. L’animale allevato ottiene dall’uomo rifugio e cibo e restituisce prodotti, compresa la carne. Se questi animali fossero in natura, sarebbero comunque soggetti alla mortalità naturale, che di solito nel primo anno di vita è elevatissima. Non siamo più capaci di sentire che vita e morte sono dentro un ciclo. Abbiamo nella testa una falsa ricostruzione “pucciosa” senza senso.

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  5. Aggiungo solo al tuo ragionamento, che meriterebbe essere letto nelle scuole di ogni ordine e grado, che oggi ,purtroppo ,la logica ed insieme ad essa il buonsenso sono merce rara.
    Tutto si tiene o tutto crolla.

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  6. Bell’articolo. Era quello che cercavo. L’ho condiviso sulla pagina del gruppo Promotori Slow Food terre e mare yionico etnei, valle dell’Alcantara. Visto quanto siamo distanti?
    Era proprio l’articolo che cercavo, per me stesso e per i membri del gruppo.
    Fermo restando che dopo i 6/7 mesi montoni e becchi non castrati sono meno piacevoli da mangiare, non ho capito bene quale sia l’età migliore per le carni dell’agnello e del capretto, cosa che interessa molto a chi sostiene il cibo “buono, pulito e giusto”.
    Infine mi permetta un piccolo rilievo. Sembra che i cristiani si nutrano per pasqua di carne di agnello perché credono, o in origine credevano, di introitarne la mitezza: agnello di dio che toglie i peccati del mondo.

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    1. grazie… sulla religione sono poco ferrata (o meglio… so che quella cristiana/cattolica ha attribuito parecchie valenze negative alla capra, vista come animale demoniaco, mentre in altre religioni è considerata portatrice di abbondanza). sicuramente l’associazione con la mitezza dell’agnello è uno dei motivi che lo lega al simbolismo della pasqua.
      per il resto, personalmente apprezzo la carne di agnelli e capretti quando questi iniziano a cibarsi da soli, quindi la componente del pascolo va a prevalere e pian piano a sostituirsi sul latte materno. la carne si fa più rossa e consistente. parlando di presidi slow food, ricordo la pecora sambucana della valle stura (CN), della quale è consuetudine consumare in autunno il tardun, l’agnellone che ha trascorso l’estate in alpeggio. parliamo quindi di animali che hanno almeno 4-5 mesi.
      …poi a me piace ancora di più la carne di pecora, oppure il castrato, tenerissimo e succulento…

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  7. ragionamento piu’ che logico perche’ c’e’ chi vive di allevamento e pastorizia quello che si vede sui social di brutture durante la macellazione e’ anche vero ma basterebbe far rispettare le leggi e regolamenti sulla macellazione in modo da evitare sofferenze inutili agli animali

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  8. Grazie a te.
    Essendo nipote e figlio di gente di montagna, che ha praticato anche l’allevamento e la transumanza, il tuo articolo mi ha fatto molto piacere.
    Alessandro

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  9. Sò cosa vuol dire pastorizia e lavoro in montagna.Capisco il tuo punto di vista ,è giusto che sia così..c’è però un “però”,: l’affetto che si prova x questi nostri animali dove lo mettiamo?certo uno che vive solo su quello deve per forza abituarsi ad avere un cuore con una “pellaccia”…ne va della sopravivenza della sua vita.Io sono anni che non mi cibo più di capretti,agnelli ecc. Mangio poca carne,(propio non mi piace), ho i miei animali che non producono nulla, vivono finchè Dio vuole, e x fortuna non devo speculare su di loro x vivere.Certo che non ti giudico, la vita è così..l’importante è farli star bene finché si può!Auguri di buona vita…..

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    1. io sono nata e cresciuta in campagna. fin da piccola mi hanno educata a rispettare gli animali. avevamo polli e conigli, qualche anatra. sapevo che si tenevano per essere mangiati. a qualcuno mi affezionavo, ma sapevo che venivano allevati per quello.
      l’affetto c’è comunque, ma alla base si è consapevoli che si alleva per quello. qualcuno potrà permettersi di avere due capre “da compagnia”, ma se hai già due capre e un becco, in pochi anni ti trovi con un gregge di 10-15-20 animali…

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    1. oltre all’ignoranza della natura, queste persone ignorano in generale come va il mondo. poniamo anche che uno rifiuti ogni derivato animale… che si fa? si crescono i vegetali con i concimi chimici? ci si veste solo di materiali sintetici? si raccoglie solo quello che gli insetti non danneggiano?

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  10. Premesso che mangio carne ma nn tengo il surgelatore pieno e ne uso il minimo indispensabile, credo che le critiche a chi mangia carne siano anche dovute a un business sfrenato sugli animali. Ci sono degli Assassini e dico Assassini che trattano gli animali in modo orrendo. L’animale ha bisogno di rispetto anche quando viene allevato per essere ucciso o per derivati come latte ecc….. Non serve avere quintali di carne a casa, per poi buttarla, ne tantomeno abbufarsi di grigliate senza alcun motivo. La rabbia delle persone deriva dai maltrattamenti che ogni giorno gli animali subiscono per il Dio denaro. I nostri nonni mangiavano carne ma rispettavano gli animali………Ripeto io mangio carne ma quella che oggi ci propongono piena di antibiotici ci ammazza e questo è ormai risaputo e si puó leggere in tutte le riviste scientifiche…. l’ipocrosia sta nei vegani quanto nei carnivori …..

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    1. avere il surgelatore pieno non è una colpa… anzi, potrebbe voler dire che si è fatta la spesa “in cascina”, direttamente dal produttore, prendendo anche i tagli “meno nobili” della carne (come il quinto quarto, da molti disprezzato). comprando dal produttore si può anche valutare con i propri occhi come vengono allevati gli animali, senza così aver timore di aver acquistato carne di animali che non hanno avuto il giusto rispetto e dignità in vita

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  11. Articolo ben fatto e competente, utile per chi ignora le dinamiche legate all’allevamento. Certo che alcuni commenti qui sopra… traspare profonda intolleranza per chi fa delle scelte diverse (assolutamente legittime), e anche molta ignoranza… otretutto voi pensate che chiunque si possa permettere il lusso di mangiare carne di allevamenti montani? Immagino sappiate cosa finisce in molta della carne del supermercato, altro che concimi per vegetali…
    Non sono vegano, ma mi da molto fastidio l’intolleranza diffusa verso chi sceglie di vivere in modo diverso. Saluti.

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    1. certamente non tutti hanno modo di acquistare carne da piccoli allevamenti… ma visto che c’è un consumo spesso eccessivo di carne, se uno sceglie di fare un consumo consapevole, può tentare di farlo fino in fondo.
      l’intolleranza si genera quando si raggiunge l’estremismo. e la disinformazione è la base di tanta intolleranza

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  12. Complimenti per l’articolo. Ho diversi amici che sono vegani ed è quasi un vanto di esserlo. Ma mi domando tutti derivati degli animali,carne,latte lana, pelli, ossa, peli, unghie ecc. non ne fanno uso questi puri e duri?, Le scarpe, suole, l cinture. Siruramentde resteranno in piedi per non sedersi in una poltrona in pelle. Ci vuole il vento in chiesa ma non tanto da spegnere le candele. Un saluto mimmo

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    1. i vegani non dovrebbero fare uso di alcun prodotto animale. nemmeno uova (anche se non fecondate), lana (molti di loro ritengono che sia maltrattamento tosare le pecore…), miele, ecc…
      mi domando se tutta la frutta e verdura di cui si nutrono sia stata prodotta senza alcuna forma di lotta ai parassiti…

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