Mi hanno chiesto: “Ma tu che sei una scrittrice, perché non scrivi qualcosa su questi tempi che stiamo vivendo, su quel che sta succedendo?“. Qualcosa ho scritto, nei giorni scorsi, ho buttato giù qualche pensiero, ma continuo a ritenere che ci sia già fin troppa gente che scrive e che parla su di un argomento che sembrano non conoscere del tutto nemmeno gli addetti ai lavori. Altrimenti non ci si spiega come mai dei medici, tutti ugualmente laureati in medicina, abbiano opinioni tanto diverse.

Adesso è il momento delle mille accuse, la chiusura parziale o totale “è colpa di…”. Di quelli che sono andati in ferie, dei giovani, della movida, degli aperitivi, degli studenti, degli anziani che giocavano a carte al bar…. E nelle case di riposo, dove il livello di attenzione e prevenzione avrebbe dovuto essere massimo, senza mai calare anche solo un giorno, dove nessuno dovrebbe aver disatteso le regole igienico-sanitarie? Accidenti a quei nonni che, tra movida e apericena, ci hanno portato a un nuovo lockdown…

Ma nessuno ha badato, in questi mesi, quando comunque si sapeva che il virus sarebbe tornato in autunno, a prevenire per esempio con una corretta alimentazione, o cercando di capire come rafforzare il sistema immunitario… E anche adesso, con un nuovo lockdown, si va a colpire duramente il corpo e lo spirito, privando moltissime persone, tra le altre cose, della possibilità di fare movimento (non dico sport agonistico, dico proprio solo fare una camminata in solitaria lontano dalle aree urbane), beneficiando di tutto ciò che il movimento, il sole, l’aria pura ci possono dare.

Perché non sono stati fatti più studi sul perché certe persone si sono ammalate in forma grave e altre no, a parità di condizioni di salute? E’ vero che c’è una correlazione con la carenza di vitamina D? La vitamina D si assume attraverso gli alimenti… e stando al sole (è chiamata la “vitamina del sole”)! Ma ora ecco che ci chiudono tutti in casa, vietato allontanarsi, vietato camminare e respirare aria buona!

Quel che pensavo questa primavera in occasione del primo lockdown è ancora più valido oggi, alla luce di quanto visto e sentito in tutti questi mesi. Oggi ci si scaglia contro chi si preoccupa perché non può andare a camminare, ma anche contro chi parte dalle città verso le seconde case. Io farei lo stesso, in nome della salute fisica e psicologica. Per chi teme che sia un escursionista o uno “venuto da fuori” a portare “il contagio”… tranquillizzatevi! Facessero il tampone a tutti, nello stesso giorno, chissà quanti di noi sarebbero positivi (e asintomatici), abitanti delle città, delle vallate, dei villaggi, delle località di mare.

Me la permettete un’altra riflessione da allevatrice che abita in montagna? Nel leggere le infinite diatribe tra chi quasi nega il virus o ne minimizza la pericolosità e chi, spesso appartenenti in prima persona al mondo ospedaliero, enfatizza all’opposto la grave situazione che vive ogni giorno in prima persona, mi viene in mente un’altra situazione. Quella del lupo. Cosa centra? Perché tirare in ballo il lupo anche qui?

Perché è un problema che conosco bene e di cui ho analizzato a fondo tutte le sfaccettature e implicazioni. C’è chi nega che gli attacchi siano “colpa sua” (chiamando in causa fantomatici cani randagi), chi dice che la colpa è comunque dei pastori (che non sorvegliano adeguatamente il bestiame, che abbandonano cani in giro, che non danno da mangiare ai propri e via di ipotesi fantasiose di questo tono), chi ne fa una questione politica, chi una questione economica. C’è chi se ne disinteressa totalmente (ritenendo che non sarà mai affar suo), chi si preoccupa anche quando non corre praticamente alcun rischio… Poi ci sono quelli in prima linea, gli allevatori, che reagiscono in modo diverso a seconda di quanto sono colpiti direttamente, dei danni subiti, dell’impostazione aziendale, della passione che ci mettono nel loro lavoro, dell’ampiezza di vedute, della filosofia di vita personale.

Non vedete in un certo senso una qualche analogia? Anche nel fatto che se ne parla tanto, si sa che in una certa stagione il problema si ripresenta, ma immancabilmente nei mesi precedenti non si è fatto abbastanza per arrivare preparati ad affrontarlo. Non voglio mancare di rispetto a nessuno con questo parallelismo, ma invito solo a riflettere su come le problematiche abbiano un peso diverso in base a quanto ci coinvolgono in prima persona.

Comunque, c’è un bel sole in questa giornata di transizione… Giornata per me difficile da comprendere: se siamo così a rischio, cosa cambia da oggi a domani? Perché posticipare di un giorno la chiusura? Anche da quassù posso immaginarmi le corse odierne ai supermercati, gli spostamenti tra comuni, tra regioni, per andare a dare almeno un ultimo saluto a un parente, un fidanzato, un amico, oltre alle transumanze verso “prigioni” più accettabili rispetto ad una città, come si diceva sopra. E tutte quelle cose da fare… già solo qui, quante macchine sono passate, oggi, quanti si sono fermati anche solo per far due parole, per dare un saluto.

Me lo sento, avremo delle bellissime giornate autunnali, d’ora in poi. La natura si farà beffe di noi, l’avevo già notato in primavera. Pur con uno spirito oppresso dalla situazione che stavamo vivendo, pur colmi di preoccupazioni per un futuro economicamente e socialmente sempre più nero, era inevitabile non vedere quanto fosse meraviglioso l’esplodere della primavera, in giornate dal cielo terso, che ospitava un sole brillante come non mai. Quasi la natura ci volesse dire qualcosa, ma non so quanti abbiano colto il suo messaggio.

Adesso i colori dell’autunno stanno per chiudere la loro parentesi, le brume dei giorni scorsi hanno appesantito molte foglie già instabili, spogliando interamente alcuni alberi, come frassini e noci. Resistono ancora parte delle chiome dei ciliegi e delle betulle, ma giorno dopo giorno anche queste macchie di colore spariranno. Su in alto, i boschi di larice hanno virato dal giallo oro all’arancione e, prima di liberare i loro aghi con le gelate che ancora si fanno attendere, mantengono un aspetto di rame antico.

Se le protezioni che ci hanno insegnato ad usare sono sufficienti ed efficaci, il virus non mi fa paura. Temo molto di più gli effetti collaterali di queste chiusure. Sono grata al fatto di vivere questi momenti qui e di non essere da sola, sono consapevole di questa mia immensa fortuna. Nello stesso tempo però non intendo accettare passivamente tutto ciò che sta accadendo. Visto che lo scopo dovrebbe essere la nostra salute, intendo preservarla stando all’aria aperta, camminando, vivendo!

Volevo chiudere con una riflessione sentita in bocca a diversi anziani, negli ultimi tempi. Persone molto diverse tra loro, sia per origini, sia per titolo di studio, passato lavorativo, esperienze di vita. Tutti mi hanno detto: “Noi la nostra vita bene o male l’abbiamo fatta, adesso cerchiamo di fare attenzione, speriamo vada tutto per il meglio, ma se deve capitare, vuol dire che era la nostra ora. Quel che ci preoccupa è vedere i giovani, voi, che non vi lasciano vivere, lavorare, divertirvi com’è giusto che sia . Vi stanno togliendo il futuro, la speranza, la voglia di fare.“