Continuiamo il discorso su quanto abbiamo visto in Val Passiria e sulle impressioni personali che mi sono riportata a casa dopo questa breve vacanza. Quel che sto per raccontarvi è soprattutto frutto di quanto osservato, se qualcuno avesse informazioni diverse, sarò felice di leggerle/ascoltarle.

Vi dicevo che la scelta della Val Passiria come meta delle nostre vacanze è stata in parte casuale, in parte volutamente lontana da località molto più conosciute e blasonate dell’Alto Adige. E’ la zona adatta per stare tranquilli e far passeggiate in montagna. Certo, ci sono colli, laghi, rifugi e vette come mete, ma per molti la meta è… la malga. Vale per gli escursionisti locali, vale per i turisti provenienti da altre parti d’Europa (quest’anno, con un afflusso sicuramente anomalo, c’erano comunque numerosi Tedeschi, qualche Svizzero e Austriaco).

C’è anche un bel libretto curato dall’Associazione Turistica della Val Passiria (presumo ve ne sia uno per ogni vallata), che si apre con queste parole: “Caro ospite! In quanto meta escursionistica di numerosi turisti, le malghe della Val Passiria rivestono da sempre un ruolo di particolare importanza. La loro importanza non si limita però esclusivamente al turismo. Già il fatto che due terzi del patrimonio zootecnico trascorrono circa tre mesi sulle malghe, nonché la circostanza che quasi la metà della superficie totale della valle è costituita da malghe, testimoniano il loro grande valore economico per la regione. (…)”

Capite? Prima si parla di turismo! In questa parte delle Alpi invece ben pochi alpeggi svolgono (anche) un’attività di ricezione turistica. Alcuni sono interessati da particolari giornate dedicate alla promozione dei loro prodotti, feste dell’alpeggio, pranzi in alpe o cose simili, ma per quasi nessuno è l’attività principale. Anche chi pratica l’attività agrituristica in alpeggio, parallelamente comunque ha un normale impegno di gestione della mandria, mungitura, caseificazione, ecc…

In Val Passiria l’impressione è che, nelle malghe, si mungano i turisti, più che le vacche! Attenzione, non lo sto dicendo in tono negativo, è una constatazione sul tipo di lavoro e sul reddito conseguente. Accanto alle malghe infatti raramente abbiamo visto più di una decina di vacche in mungitura. Come vi ho raccontato, sui pascoli degli alpeggi abbiamo incontrato soprattutto manze, manzette, vitelli, vacche in asciutta o vacche con il vitello.

Davanti alle malghe però troviamo cascate di fiori (anche ad alta quota), tavoli, panche, ombrelloni e menù che offrono dallo spuntino al pranzo completo, con i prodotti della malga o comunque del territorio. E’ un altro modo di lavorare rispetto a quello dei nostri alpeggi, sicuramente. Può esserci l’escursionista di passaggio, il ciclista che pedala lungo la pista agro-silvo-pastorale e si ferma solo per bere un bicchiere di succo di mela, una birra. Oppure chi prende un thé, un bicchiere di latte e una fetta di torta al pomeriggio. O chi pranza con un tagliere di salumi e formaggi, chi sceglie un piatto caldo, dai classici canederli all’arrosto di capra.

E così c’è il pastore che va a sorvegliare gli animali nei pascoli più alti, che posiziona picchetti e fili per i grossi recinti, c’è la famiglia che si occupa della gestione della malga, mungitura, forse caseificazione (cartelli di vendita formaggi nelle malghe non ne ho visti), ma soprattutto accoglienza e ristorazione. Il grosso della mungitura la si fa fin quando si è nelle aziende di fondovalle, quando il latte viene conferito ai caseifici.

Anche nella stagione estiva abbiamo visto, mattina e sera, decine e decine di bidoni lungo le strade, alcuni scesi dai masi di mezza quota grazie alle teleferiche. Il camion passa, aspira il latte e lo porta giù a Merano o a qualche caseificio lungo la valle.

Il libretto “Malghe e ristori 2020” comprende anche qualche maso abitato tutto l’anno e alcuni rifugi di alta quota, per un totale di 54 punti di ristoro, dai 650m ai 2989m. C’è la foto, i contatti dei gestori, la descrizione su come raggiungerli, la difficoltà dell’escursione, il periodo di apertura e altre informazioni utili. Inoltre, all’inizio, due pagine forniscono all’escursionista alcune regole per la sicurezza in montagna, ma anche delle norme di comportamento sui pascoli, sia per rispettarli, sia per non incorrere in incidenti con gli animali al pascoli.

Si può votare la malga dell’anno e si possono collezionare i “punti” a cui si ha diritto raggiungendo via via le mete più lontane, fino ad ottenere un distintivo d’argento o d’oro in base alla quantità di punti accumulati a fine stagione facendo timbrare via via il passaporto dell’escursionista.

Falsertal, San Martino in Passiria (BZ)
L’attenzione verso il turista non finisce qui: dato che l’attività zootecnica è praticamente inscindibile da quella turistica, non vi è un passaggio che sia uno tra piste, strade, sentieri principali o secondari che presenti difficoltà nell’intersecare i recinti elettrificati che contengono gli animali o fanno sì che questi non possano avvicinarsi a zone troppo ripide o pericolose. Gli accorgimenti sono molteplici, dalla “classica” maniglia alle asticelle a molla, dal cancello al passaggio creato ad hoc con picchetti, filo/fettuccia ribassata in quel punto e filo elettrico che passa più in alto.

C’è da rifletterci su, vero? Non dico che potrebbe essere un modello da applicare ovunque, ma… sicuramente dovrebbe essere favorita una gestione del genere anche altrove. Non so come funzioni la parte di cucina in queste malghe (tra quelle che abbiamo visitato, una era piccola e non particolarmente attrezzata, dubito vi fosse una cucina separata per gli ospiti), ma inviterei chi si candida ad amministrare regioni e comuni montani a fare un viaggio in quelle realtà, per capirne di più e vedere come proporlo anche altrove.

L’attività di ricezione turistica parallela all’azienda agricola non è un’esclusiva della malga. Noi abbiamo soggiornato in un maso a 1000m di quota, una piccola azienda agricola con una quindicina di vacche da latte (frisone). Nel maso si poteva anche mangiare e, inoltre, vi erano due appartamenti da affittare agli ospiti. In questo sito potete vedere quanti sono i masi (a conduzione zootecnica, ma anche viticola e frutticola) che offrono ospitalità in tutto l’Alto Adige.

Più che mai quest’anno un simile modello secondo me dev’essersi rivelato la scelta migliore: le strutture prettamente turistiche hanno avuto dei mesi di blocco totale e anche ora non funzionano a pieno regime, per cui il danno è enorme. Le grosse aziende si sono trovate in difficoltà nel gestire la gran quantità di prodotti, hanno patito e stanno patendo tutt’ora la carenza di manodopera estera. Chi invece ha una piccola azienda differenziata in questo modo ha contenuto il danno nel periodo del lockdowd (comunque non è mai stato totalmente senza reddito) e oggi magari ha più clienti del grande albergo, poiché il turista cerca la montagna, l’appartamento singolo, la maggior sicurezza della sistemazione appartata.

Quella della mungitura del turista era una battuta, una provocazione per attirare l’attenzione… Come turista in queste strutture (malghe, masi) siamo stati accolti in modo famigliare e cordiale, con qualcuno abbiamo anche avuto modo di far lunghe chiacchierate, per cui il bilancio dell’esperienza è sicuramente positivo. Adesso lascio a chi legge la riflessione, nella speranza che possa cambiare qualcosa anche da noi, dove purtroppo spesso il rapporto alpigiano-turista si sta facendo sempre più conflittuale, con comportamenti maleducati, mancanza di rispetto reciproco, incomprensioni di fondo, ecc ecc…

Qualche fazzoletto gettato a terra lungo i sentieri l’abbiamo visto anche là, qualche turista che abbandonava il sentiero per andare in mezzo alle bovine a scattarsi un selfie c’è stato… Ma in generale l’atteggiamento dei frequentatori delle malghe mi è sembrato corretto e rispettoso, anche per quello che concerne la presenza di cani, tutti tenuti al guinzaglio anche dove non c’erano cartelli di divieto ad imporlo (è infatti una delle regole raccomandate al turista nel libretto di cui vi ho parlato).

Infine è doveroso ricordare come il paesaggio di montagna, così apprezzato dal turista che lo frequenta, sia indissolubilmente legato all’attività zootecnica attraverso il pascolamento e con la fienagione… per non parlare della presenza degli animali sui pascoli, del suono dei campanacci, delle strutture d’alpeggio che possono anche diventare ricoveri di emergenza in caso di maltempo…