Mi dà fastidio quando sento ripetere all’infinito una delle boutade di Mauro Corona sulla montagna che dovrebbe essere priva di leggi: “Per la montagna sogno l’anarchia imprenditoriale, soprattutto nelle zone povere, a rischio di spopolamento (…)“, così aveva detto in un’intervista. E’ facile fare il personaggio, è facile spararle grosse in TV o davanti ad una platea che viene ad ascoltarti. Ma poi? Dal punto di vista pratico?
Certo, molte volte anche qui, su queste pagine virtuali, avete sentito parlare di eccesso di burocrazia, di leggi “sbagliate” o create da chi, apparentemente, non sa come funzionano concretamente le cose in certi territori, in certi mestieri. Ma, secondo me, non è all’anarchia che bisogna puntare, bensì a leggi fatte da chi conosce la realtà ed ha una buona dose di buonsenso/senso pratico. Forse, direte voi, dall’anarchia siamo passati all’utopia… Ma proviamo a fare qualche ragionamento.
Siete anche voi tra quelli che hanno annuito quando avete letto/sentito quella frase di Corona? Cosa avevate in mente? Di fare la famosa tettoia senza chiedere il permesso? Di brutture in montagna ce ne sono già fin troppe e non sono solo “quelli che vengono da fuori” ad averle fatte. Anzi, molto spesso certe ristrutturazioni inguardabili, certi depositi di attrezzi rotti, bidoni, taniche, nylon e chi più ne ha, più ne metta, appartengono a montanari doc.
Prendiamo il caso degli alpeggi: l’altro giorno ho sentito parlare al tg regionale valdostano della necessità di studiare delle normative che tutelino gli alpeggi dall’arrivo degli speculatori da fuori valle. Le leggi servono eccome! Altrimenti in questo caso ai veri allevatori non resterebbe più un ettaro di terra… Però leggi fate con buonsenso, perché l’intervistato (perdonatemi, non ricordo chi fosse e a che ente appartenesse) parlava, tra le altre cose, di limitare l’accesso agli alpeggi ad allevatori della valle che arrivano con i loro animali senza l’impiego di camion. Cosa vuol dire? Solo transumanze a piedi?
E se dalla media valle devo portare le vacche a Cogne, a Morgex o al Gran San Bernardo? Ma anche solo se devo fare 20 o 30 km, in primavera gran parte delle vacche non sono uscite al pascolo e si cerca di evitare una “faticaccia” del genere, mentre in autunno tutti quelli che possono, scendono a piedi. E poi… ormai la situazione della zootecnia in Valle d’Aosta è decisamente critica, chiudere a chi viene da fuori vorrebbe dire lasciare alpeggi vuoti, non pascolati. Il problema non è il margaro o il pastore piemontese che non trova più pascoli nella sua regione, ma la mafia dei pascoli che affitta gli alpeggi solo per percepire contributi europei, fregandosene del benessere animale, della cura del territorio d’alpeggio, del prodotto tipico, ecc ecc…
Se in un paese a rischio di spopolamento, in Italia, mi dici: “Fai quel che vuoi, basta che tieni vivo il villaggio“… chi pensate che ne approfitterebbe? Ahimè siamo conosciuti come il popolo che sa arrangiarsi con poco, ma anche come la patria dei “furbetti”. Così mi immagino subito qualcuno che, per approfittarne, compra un rudere a pochi soldi per avere la residenza nel villaggio semi disabitato in quota e poi “fa tutto quello che vuole”, e a quel punto non sarà solo più la tettoia dietro casa per mettere al riparo gli attrezzi o la legna.
Di forme di “mafia” che puntano ai terreni marginali ce ne sono. Purtroppo quando girano soldi, c’è sempre chi se ne vuole approfittare. E così eccoci impantanati in tante, troppe leggi, fatte rispettare in modo anche esagerato (senza buonsenso, appunto), interpretate a modo proprio anche da chi deve farle applicare o, ancora, bellamente ignorate da qualcuno. Il risultato è la situazione attuale, dove a gran voce si inneggia a ritornare o a resistere (in montagna), dove si invitano le aziende a diversificare (ma se già fatichi a farne uno, di lavoro, senza fare il conto delle ore dedicate all’attività, come fai a farne anche un altro?)…
…e se “diversifichi”, ogni attività implica vincoli e complicazioni dal punto di vista fiscale, burocratico, normative per i locali di trasformazione, per la ricettività, per l’accoglienza dei turisti, del pubblico… Insomma, senza far tanti giri di parole e per dire le cose schiettamente, è un gran casino! Penso a quello che mi ha detto un’amica un giorno (ritorno alla montagna in un villaggio praticamente abbandonato, azienda agricola, allevamento, agriturismo): “Se avessimo saputo tutto quello che ci aspettava… forse certe scelte non le avremmo fatte“.
Consapevolmente o inconsapevolmente, credo che tutti noi che abbiamo aziende agricole in montagna (e non solo) violiamo un paio di leggi al giorno (un animale caricato e trasportato per qualche chilometro in un mezzo non idoneo? una mezza dozzina di uova vendute senza avere il permesso? due formaggini veduti al vicino di casa?). Ma non per questo siamo delinquenti… Così come non è delinquente quell’esercente che tiene aperto l’ultimo negozietto nel paesino della valle e, abitando lì dove ha il punto vendita, serve il cliente fuori dall’orario di chiusura (perché lo sa che quel cliente ha gli animali, abita a quote ancora maggiori, ha i bambini piccoli, i genitori anziani malati, ecc…). Eppure, mi raccontavano in uno di questi negozi, quante volte si sono trovati la finanza in borghese o qualche altro controllo pronto a sanzionare queste gravissime infrazioni della legge!
Non è facile, non è affatto facile trovare soluzioni. Dobbiamo salvaguardare i montanari, ma dobbiamo anche salvaguardare l’ambiente, sono tutti temi che generano infinite discussioni e forti prese di posizione. Un po’ invidio quelli che dicono di avere la ricetta giusta per tutto, io fatico già solo a comprendere l’immensa varietà di opportunità e problematiche che offre il territorio che mi circonda dove ogni luogo ha una sua complessità, data da un insieme di fattori umani, territoriali, sociali, economici, ambientali…
…e così non sogno l’anarchia, sogno un mondo con più buonsenso per tutti. Sogni a parte, l’invito che faccio a chi si trova a dover amministrare/prendere decisioni, è di andare a studiare realtà simili dove le cose sembrano funzionare meglio che da noi. C’è sempre da imparare, sia dagli esempi positivi, sia dagli errori (propri e altrui). Problemi ne abbiamo tutti e l’erba del vicino spesso è verde solo in apparenza, ma qualcosa che funziona, qua e là, c’è. Partiamo di lì, non dal proclamare che c’è un boom di ritorni (alla montagna, all’agricoltura, alla terra) solo per interesse e per propaganda.