Non è un parco giochi!

I confini della realtà si mescolano con il mondo virtuale (e viceversa) per sempre più persone. Una mia amica l’altro giorno diceva che, per fortuna, tornando ad un minimo di vita sociale ha ripreso fiducia nell’umanità, perché solo a leggere post e commenti sui social le sembrava che il mondo stesse davvero andando a rotoli. Io non ne sono troppo sicura. Dietro ad uno schermo molte persone non si fanno problemi ad esternare idee e pensieri offensivi, estremi e fuori luogo, ma anche certi atteggiamenti nella vita quotidiana non sembrano essere esempi di correttezza e rispetto del prossimo.

I pascoli nei pressi di un rifugio sono stati “chiusi” con fili e picchetti, sono stati apposti cartelli dove si invita al rispetto… ciò nonostante ecco un turista coricato nell’erba – Vallone di Saint Barthélemy, Nus (AO)

Mi avete spesso sentita parlare di comportamenti deplorevoli da parte dei turisti in alpeggio, ma non sono solo i montanari a lagnarsi per ciò che accade tra pascoli, baite e sentieri alpini. Chiunque abita e lavora in ambito rurale lamenta a gran voce episodi in cui il “visitatore” arreca danno o disturbo alle attività, alle coltivazioni, alle strutture, agli animali, ecc…

…ma che belle le foto nei campi di grano… (immagine dal web)

“(…)è moralmente etico permettere agli Instagrammers di schiacciare i cereali seminati nei nostri terreni, per farsi le foto? Non è colpa loro, è colpa nostra perché se vado a farmi un bagno in Fonte Gaia scatta l’indignazione comune mentre se vediamo distese di grano sdraiate da dolci donzelle che si addentrano negli appezzamenti con improbabili strascichi, mettiamo pure un like.” Così rifletteva qualche giorno fa Alessia, titolare di un’azienda agricola in Toscana. E quante ne abbiamo viste, di queste foto… tra papaveri, grano, fiordalisi, lavanda…

Le prime due immagini trovate in rete digitando “paesaggio rurale italiano”

Sono la prima a sostenere da sempre che un paesaggio rurale di un certo tipo (ben curato, vario, pascolato, con alternanza di campi e siepi, ecc…) sia un elemento fondamentale non solo per la biodiversità, ma anche per le valenze di richiamo turistico che contiene. In fondo è il classico paesaggio italiano da cartolina a cui pensa ciascuno di noi se gli viene detto di descrivere un’immagine dell’Italia, escludendo le città. Però questo non vuol dire entrare dentro a quella cartolina! Una bella foto la possiamo fare lo stesso anche senza coricarci nel grano, no?

Cane da guardiania in un alpeggio a Gressoney St.Jean (AO)

Eppure per tanti, una volta usciti da asfalto e cemento, tutto ciò che si incontra è un parco giochi senza biglietto (o quasi). Provate a dire ad un escursionista che potrebbe dover tornare sui suoi passi perché in quella zona c’è un gregge con dei cani da guardiania e non è detto che riesca a passare, specialmente se è accompagnato da due o tre cani da compagnia… “La montagna è di tutti, c’è un sentiero, io ho diritto di passare liberamente, è l’allevatore che deve tenere legati i suoi cani…“. Quante volte ho sentito una delle innumerevoli varianti sul tema, che si trattasse dei cani, delle reti, dei fili elettrificati del recinto, delle campane al collo degli animali al pascolo che “disturbano”.

Stambecchi al pascolo non lontano da un alpeggio – Lac de Dix, Svizzera

Facciamo un passo indietro. Innanzitutto occorre dire che tutti noi, ovunque ci troviamo, siamo ospiti e, di conseguenza, dovremmo comportarci come tali. In un ambiente fortemente antropizzato è difficile pensarci, ma anche una città un tempo era prati, boschi, fiumi… Comunque anche la città ha le sue regole da rispettare, non andiamo a farci il bagno in una fontana al centro di una piazza, non montiamo il tavolino da pic nic davanti ad una chiesa. In un ambiente rurale, a qualunque quota, sia l’agricoltore/allevatore, sia il visitatore sono ospiti di un territorio, della sua flora e della sua fauna, quindi dovrebbero rispettarla. Ahimè ciò non sempre succede, l’impatto dell’uomo e delle sue attività spesso arrecano danni anche gravissimi. Ma questo non deve essere una giustificazione per nessuno. Se qualcuno sbaglia, gli altri devono cercare di fare meglio, non peggio, no? Così il visitatore di una realtà rurale dovrebbe rendersi conto di essere due volte ospite: della natura e dei “padroni di casa”. Un contadino, un allevatore, sono proprietari o affittuari di campi, prati, pascoli, frutteti, dove svolgono le loro attività lavorative. Non sono presenti SEMPRE in ogni luogo, perché il mestiere ha una sua stagionalità, i suoi ritmi, i suoi orari. Non è una fabbrica che apre e chiude i cancelli. Ma questo non giustifica ogni tipo di comportamento in assenza di chi manda avanti un’attività in questi territori.

La “famosa” foto che ritrae un escursionista che cerca di riportare il gregge di capre verso l’alpeggio di provenienza (immagine dal gruppo FB “Valle d’Aosta da scoprire)

L’altro giorno ho visto una foto on-line che ritraeva una persona (e non mi sembrava un allevatore) seguito da 5-6 capre. Era stata scattata da queste parti e la cosa mi aveva incuriosita. Il giorno dopo ricevo la telefonata di un’allevatrice che mi chiedeva aiuto, se potevo scrivere due righe su Facebook per aiutarla a ritrovare due capretti che non erano rientrati all’alpeggio. Sono saliti da poco in montagna, è il primo anno per loro in quell’alpe, gli animali ancora non conoscono il territorio… Ma il punto era un altro: “Eravamo rientrati dal pascolo, stavamo legando le vacche, le capre erano fuori, le avremmo messe dentro una volta finito. Ma quando siamo usciti, non c’erano più, avevano seguito della gente che era passata davanti all’alpeggio. La capra più vecchia è tornata la sera per farsi mungere, le altre tre sono arrivate stamattina in un alpeggio vicino, ma mancano i due capretti… Oltretutto sono dei bimbi, glieli abbiamo regalati per la promozione. Abbiamo sentito il gestore del rifugio e ci ha detto che sono arrivati fin su seguendo dei ragazzi…

Capre curiose osservano il passaggio degli escursionisti – Vallone di Saint Barthélemy, Nus (AO)

Succede che degli animali seguano le persone. Se lo fa una vacca, in genere ci si spaventa e si cerca di scacciarla. Ma che bella scenetta, ma che simpatia, che divertimento se lo fa un cagnolino o delle caprette! Che ne sa ormai la gente del comportamento degli animali? Se ne abbiamo di domestici, il più delle volte li abbiamo umanizzati e plasmati sulla nostra vita, sulle nostre esigenze. Non sappiamo nemmeno quale sarebbe il loro comportamento naturale… Figuriamoci se abbiamo di fronte una capra o una pecora! Ma sì, quei turisti magari si saranno fatti anche il video, seguiti dal piccolo gregge…

Vacche al pascolo in un recinto accanto ad un villaggio – Val di Rhemes (AO)

Attenzione, non stiamo parlando di animali incustoditi al pascolo (cioè liberi, senza la sorveglianza di un pastore, cosa che peraltro accade sempre più di rado, vista la crescente presenza di predatori), ma di animali che erano vicini all’alpeggio. Non pretendo che l’escursionista sappia che, in Valle d’Aosta, verso le 11-11:30 le vacche vengono fatte rientrare in stalla e legate ciascuna al suo posto e tutte le ulteriori dinamiche di vita d’alpeggio. Ma è universalmente valido che si debba evitare di “spostare” animali, farsi seguire o accompagnare altrove. Bisognerebbe in generale evitare il contatto con gli animali domestici (a meno che vi sia l’allevatore che vi consente di farlo), potrebbero esserci dei rischi per voi e per loro. Quindi, la regola generale che mi sento di dare e che, se uno o più animali vi seguono, cercate in ogni modo (battendo le mani, facendo versi, senza ovviamente usare bastoni o pietre) di allontanarli. Questo vale a maggior ragione nei pressi di baite, cascine, case!

Una capra con il suo capretto davanti ad un alpeggio – Cignana, Valtournenche (AO)

Tornando ai capretti, grazie alle informazioni di chi aveva scattato le immagini (un’escursionista che poi ha cercato di riportare indietro il piccolo gregge) e al passaparola, altri allevatori hanno sentito le campanelle e li hanno individuati. Questa volta così c’è stato il lieto fine, ma poteva andare molto peggio, soprattutto se avessero incontrato un predatore. La vicenda però è andata meno bene a livello di comunicazione, perché un mio post su Facebook che cercava di spiegare (in sintesi) ciò che vi sto dicendo qui, ha scatenato i polemici da tastiera, con innumerevoli persone che affermavano come la colpa fosse dell’allevatore che lascia le sue bestie abbandonate. “Non credo che il turista o chiunque passi accanto a delle capre sia responsabile, se viene inseguito, il responsabile delle capre è il proprietario“, per citare uno dei commenti più pacati.

Al lavoro nei prati per la fienagione – Petit Fenis, Nus (AO)

Già, perché la montagna è di tutti, no? Se succede qualcosa però la colpa è sempre tua… Sei tu che devi fare in modo che gli animali non causino problemi ai turisti (e il viceversa??), per non parlare poi di casi più gravi, sempre in ambito agricolo. C’è stato un incidente alquanto strano in un campo, qualche giorno fa. Sono morte due donne, il perché si trovassero in mezzo al mais non si è capito. Cito nuovamente l’amica Alessia, che esprime alla perfezione i pensieri che tanti di noi hanno elaborato in seguito a quel triste fatto. “Qui si sta completamente travisando il concetto, non solo di campagna e ambiente, ma soprattutto quello di azienda agricola. Un campo coltivato è assimilabile ad un cantiere con la differenza che non si possono recintare ettari e ettari di rete da cantieri apponendo la relativa cartellonistica. Mi ricordo che anni fa, un agricoltore di Asciano manca poco non “ miete” un cacciatore nascosto in campo di girasoli aspettando le tortore e di un altro che per un pelo, mentre tagliava il fieno, non investe un fotografo naturalista. L’anno scorso, in un podere qui vicino, due o tre persone adulte, sono salite sui balloni di paglia cercando di farli rotolare. E se si fanno male? E se i balloni prendono la rincorsa e finiscono sulla strada? Bisogna urgentemente che la popolazione ritorni a conoscere la campagna e i suoi pericoli, prima che sia troppo tardi.

Rotoballe di fieno temporaneamente accatastate nei prati – Petit Fenis, Nus (AO)

Già… perché per l’appunto la campagna, la montagna, pur essendo luoghi di lavoro, non sono recintati. Inoltre sono considerati dai più un luogo di svago, il famoso parco giochi di cui si parlava. Così c’è quello che si diverte a saltare sulle rotoballe, quello che si arrampica sul tetto della vecchia baita, quello che si inventa non so quale svago con i tuoi attrezzi da lavoro che ha trovato nella tua proprietà. “Il problema è che non esiste più il concetto di proprietà privata…. ognuno è legittimato in presenza di un prato più o meno seminato o recintato, in presenza di un gregge di pecore o di una mandria di vacche di fare ciò che meglio crede… portare il cane libero di fare la qualsiasi, attraversare bellamente non rendendosi conto che magari ci sono dei vitellini e che le madri sono gelose. I problemi sono i tuoi che tieni i cani per protezione dai lupi, sei tu che a casa tua devi proteggere chi ci entra“, commenta Massimo. Aggiungo io… che ci entra senza rendersi conto che è in una proprietà privata e un ambiente di lavoro.

Stabilimenti balneari a Genova

Ma quando andate al mare, perché non ragionate nello stesso modo? Perché la montagna è di tutti e il mare può essere diviso in box a pagamento, con la parte pubblica ben delimitata? Sono stata a Genova qualche giorno fa. Certo, non è la classica spiaggia a cui uno pensa quando si parla di mare, ma comunque… centinaia e centinaia di metri recintati per gli stabilimenti balneari, qualche fazzoletto di spiaggia libera. A nessuno verrebbe in mente di arrivare a nuoto in uno stabilimento privato, uscire sulla spiaggia, accomodarsi su una sedia a sdraio. Eppure in alpeggio mi è successo di vedere gente che si serviva di oggetti di uso privato (bicchieri, sedie) degli allevatori. Una volta mi sono ritrovata un tale nella baita. “Cercava qualcuno?” “No, no. Guardavo soltanto.” Altro che parco giochi…

Pastore con cani a sorvegliare la mandria lungo una strada sterrata che porta ad un alpeggio, ma anche itinerario dell’Alta Via – Tsa de Merdeux, St.Rhemy-en-Bosses (AO)

PS: Per prevenire certi commenti… non sto giustificando universalmente la categoria, che si tratti di allevatori o di contadini. Comportamenti errati ve ne sono da parte di tutti. L’appello è sempre e comunque al reciproco rispetto, ma soprattutto invito le persone a documentarsi sulla realtà che andranno a visitare (e i comuni di montagna, gli enti turismo, a fare comunicazione in merito). Certamente devono tenere comportamenti adeguati gli allevatori: un cane da lavoro deve stare vicino al pastore e assolutamente non deve allontanarsi per andare a mordere i turisti di passaggio, ma un cane da guardiania ha un altro ruolo e occupa altri spazi, il turista è tenuto a documentarsi, a leggere la cartellonistica (questo è solo uno dei tanti esempi che potrei fare). Così come non ce ne andremmo a spasso liberamente all’interno di uno stabilimento industriale (solo perché “non è bello” o anche perché sappiamo che è pericoloso, c’è gente che lavora e macchinari all’opera?), lo stesso dovremmo fare in campagna, in collina, in montagna. Dobbiamo renderci conto che sono ANCHE luoghi di svago, non SOLO un parco divertimenti.

Un bel periodo di m…

Verrà il giorno in cui torneremo a muoverci, a spostarci, a vivere liberamente. Ma questa libertà sempre e comunque dovrà prevedere delle regole, perché non siamo soli, non siamo unici, ma ci troviamo a condividere spazi, territori, esigenze. Io non sono tra quelli che credono che quello che stiamo vivendo possa renderci migliori. Il mio timore, piuttosto, è che il giorno in cui potremo tornare ad “uscire”, molti saranno ancora più egoisti e prepotenti.

Il fieno rifiutato dalle bovine nella stalla di Aymavilles (AO) – foto E.Cuc (da Facebook)

Vi racconto un paio di esperienze vissute in prima persona o capitate ad amici e conoscenti. Partiamo da una stalla della Valle d’Aosta. Scrive l’allevatrice Elisa Cuc: “Da ieri sera che abbiamo iniziato la rotoballa non ne hanno mangiata nemmeno la metà! Le nostre mucche non mangiamo perché sentono l’odore delle feci e delle urine dei cani. Con questo chiedo di usare un po’ di buon senso e pensare che quando chiediamo di non portare i cani nei prati c’è un motivo ben fondato ed oltre a non mangiare rischiano anche malattie parassitarie.” Il post rimbalza su Facebook e viene condiviso più volte, gli allevatori ovunque hanno lo stesso problema.

Alcuni dei commenti apparsi su facebook

Tra i commenti che ho letto, volevo segnalarvene un paio. “Ma chi ha un cane sa che c’è questo problema?” “Ma perché gli allevatori si lamentano, se poi coprono i prati di letame?” Ci troviamo quindi di fronte a un problema duplice: la mancanza di rispetto (bisognerebbe sempre e comunque raccogliere le feci canine, inoltre un prato o un pascolo ha necessariamente un padrone, quindi il tuo cane è in una proprietà privata, dove non dovrebbe stare) e l’ignoranza, cioè la non conoscenza. Non è male anche quello che propone, come soluzione, il “recintare i prati“.

Uno dei tanti “ricordini” in un prato accanto a un sentiero dove in estate si farà fieno e dove fino a novembre hanno pascolato le vacche – Petit Fenis, Nus (AO)

Facciamo un po’ di chiarezza… Il fattore di rischio sanitario legato a fieno/erba imbrattati da feci canine è dovuto alla Neospora caninum. Qui potete leggere un articolo a riguardo. Poi occorre evidentemente spiegare che c’è una certa differenza tra un escremento di un animale carnivoro e quello di un erbivoro (come la vacca, la pecora, la capra), per non parlare poi dei cani nutriti a crocchette! Qualcuno ha mai fatto caso a quanto tempo impiega a scomparire una cacca di cane? Le deiezioni degli erbivori, non a caso, vanno a costituire il letame, quello che viene impiegato per fertilizzare (naturalmente) campi e prati. Viene sparso sui prati (e sui pascoli) dopo il pascolamento, per restituire al terreno quello che l’uomo o gli animali “portano via”. Lo si fa sotto forma di liquame o di letame “maturo” (dell’anno prima), sparso e distribuito con mezzi idonei. Quando gli animali consumeranno quell’erba, saranno passati mesi, avrà nevicato, piovuto, sarà arrivata la primavera, poi l’estate. Si taglia il fieno e… l’autunno/inverno successivo, mentre su quei prati l’allevatore sta spargendo nuovo letame, le vacche consumeranno quel foraggio.

Prato/pascoli dov’è appena stato sparso il letame nel tardo autunno – Petit Fenis, Nus (AO)

Passiamo ad un altro fatto. Siamo in Veneto, in provincia di Verona. Il fotografo Marco Malvezzi posta questa foto e così racconta: “Questo è il tetto di una stalla, di un allevatore che conosco, su in Lessinia. Ieri qualche bravo turista “rispettoso” ha ben pensato di camminarci sopra, usandolo come trampolino o chissà. Poi magari succede un incidente, e l’allevatore viene pure denunciato. Questo è il livello medio (sottolineo medio, non son tutti così, per fortuna) del rispetto che c’è nei confronti della montagna e dei suoi abitanti. Poi ci si stupisce perché qualcuno si incazza e inveisce contro questi incivili e si afferma che “i montanari sono inospitali”… secondo me hanno anche troppa pazienza.

Il tetto della stalla in un alpeggio della Lessinia usato come “parco giochi” – foto M.Malvezzi, da facebook

Quanti casi più o meno simili abbiamo visto tutti noi… Trovare le stalle degli alpeggi usati come latrine, scoprire veri e propri danneggiamenti causati da persone che sono passate di lì nella stagione in cui l’alpeggio non è utilizzato. Ho visto addirittura i segni di un fuoco acceso contro il muro della baita.

Un alpeggio nella stagione autunnale – Quart (AO)

Mi ha molto colpita uno dei commenti alla foto di Malvezzi. Chi scrive è Ilaria Teofani, che conosce bene la montagna, ma si definisce un’eterna navigante. Vi racconto qualcosa di lei, per comprendere meglio le sue parole. Nata a Civitavecchia, “…dall’ età di sei anni frequento la montagna, dai 6 ai 30 anni ho salito in lungo e largo le amate Dolomiti, sempre nel cuore, con il mio zaino pieno sempre di buone letture. Nel 2014 ho cominciato a vivere tra Piemonte e Valle d’Aosta per ragioni familiari e di lavoro. E in questa occasione, dopo un viaggio in solitaria in valle d’Aosta ho riscoperto la montagna, una montagna diversa dalle mie Dolomiti, quindi una nuova avventura di vita. Per ragioni di lavoro e salute ho deciso di trasferirmi in montagna, pur restando vicino alla pianura piemontese. Il mio progetto era aprire una libreria di montagna in montagna…

Un alpeggio in Valle d’Aosta – Vallone di Saint Barthélemy, Nus

Ecco cos’ha scritto Ilaria commentando il gesto di chi era salito sul tetto della stalla per “gioco”. “Abito in montagna da due anni e mezzo, la frequento e rispetto da una vita pur venendo da contesti totalmente diversi, grande città di mare, di porto, una metropoli come Roma, e tre anni quasi di provincia torinese. Più sto quassù e più capisco molte cose sulla distanza siderale tra montanari e avventori di pianura. Soprattutto sulla pressoché totale ignoranza, anche spesso in buona fede, ma molto diffusa, su cosa significhi davvero vivere in paesi alti quotidianamente e in diverse stagioni dell’ anno, su quali siano davvero le esigenze di chi vive quassù, quali siano le loro opinioni su ciò che accade nell’ attualità e su quali siano realmente i loro desideri, progetti e idee di futuro. Su quali siano le loro battaglie quotidiane passate, presenti e future, su quali siano le loro aspettative e le loro paure.
Non ci parlano con i montanari… Io, che sono un ospite e che quindi ho un punto di osservazione più oggettivo e distaccato, e in un certo senso quindi privilegiato sul piano dell’ analisi, lo vedo che non ci parlano. E quindi non sanno. Alla fine si rischia di pontificare, anche molto in buona fede, su molte cose…senza conoscere il parere, e le relative motivazioni, dei padroni di casa. E la mia curiosità, osservazione e analisi continua, tra le difficoltà quotidiane e il vin brule`in mezzo alla neve con i miei compaesani… non mi stancherò mai di comunicare e cercare di capire a fondo il posto dove mi trovo a vivere in questo periodo della mia vita, sia come luogo fisico sia come luogo antropologico, come casa madre delle persone che mi hanno accolto nella loro comunità.

Turismo estivo in Valsavarenche (AO)

Concordo con queste parole, non avrei saputo spiegare meglio il concetto. Però c’è un’unica cosa che vorrei aggiungere. Non farei una distinzione tra montanari e avventori di pianura, o meglio, allargherei il concetto a chi vive/lavora a contatto con la terra e chi, pur vivendo in ambito rurale (montano, ma non solo), se n’è distaccato completamente, perdendo il senso di ogni meccanismo naturale, perdendo le conoscenze basilari, dimenticando le radici. La conseguenza è che queste persone si comportano esattamente come chi arriva da una realtà lontana dal “territorio”. Anzi, per esperienza personale, spesso si incontrano grossi problemi con chi si è allontanato volontariamente da un mondo rurale che trovava poco consono alle proprie aspirazioni, mentre tra chi vive in un ambiente urbano si incontrano anche soggetti molto attenti, curiosi e consapevoli.

Il mondo agricolo ha sempre più bisogno del turismo per poter sopravvivere

La montagna in futuro ha sicuramente bisogno del turismo per ripartire, ma dovrà più che mai essere un turista informato, attento, rispettoso. Altrimenti, egoisticamente, mi viene da dire che si sta tanto bene così, con poche macchine che passano, con poca gente in giro. Senza turismo (attività peraltro “moderna”, rispetto alla storia delle Alpi), bisognerebbe però ripensare gran parte dell’economia, bisognerebbe tornare all’autosussistenza, bisognerebbe rinunciare a molti aspetti della vita quotidiana di tutti noi.

Nella speranza che sia l’ultima estate

Siamo nel cuore dell’estate turistica che, in questo “strano” anno, più che mai ha portato gente in montagna. A chi già la frequentava abitualmente, si sono aggiunti quelli che solitamente andavano altrove, quelli che non ne sapevano e non ne sanno niente, quelli che cercano il fresco, quelli che, per non essere “assembrati” in una spiaggia o in una città d’arte… e si “assembrano” lungo un torrente o un lago alpino!

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Se non ci fosse il divieto qualche centinaio di metri prima… tutto il pianoro sarebbe invaso dalle auto! – Clavalité, Fenis (AO)

La convivenza turista/escursionista con montanari, allevatori, pastori e margari non sempre è delle migliori. C’è quello che si accampa nel prato da sfalciare con coperte e borse frigo a far pic-nic, quello che lascia i cani liberi e questi, tra le altre cose, vanno a spaventare gli animali al pascolo, quello che non richiude il passaggio dopo aver intersecato il recinto elettrificato durante il suo cammino, quello che getta/abbandona immondizia lungo i sentieri o nei pascoli, e molto altro ancora. Stiamo però parlando di comportamenti scorretti che, mi auguro, rappresentino una minoranza di tutti coloro che vanno in montagna. Ma, soprattutto, ci sono già leggi che si occupano della gran parte di queste cattive abitudini.

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Sentiero “affollato” da escursionisti – Vallone di Saint Barthélemy, Nus (AO)

Ci sono invece due aspetti per i quali, secondo me, occorre fare chiarezza al più presto, in modo che questa sia l’ultima estate in cui si debba assistere ad eterne discussioni, anche dai toni molto accesi. Il primo è il concetto che “la montagna è di tutti”, il secondo il “problema” dei cani da guardiania, che spesso confluiscono in un’unica problematica, dato che la presenza di cani da difesa con le greggi fa sì che il turista si lamenti perché viene limitato nei propri spostamenti sui sentieri.

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Pista che transita accanto ad un alpeggio – Cignana, Valtournenche (AO)

Vorrei che qualcuno mi chiarisse le idee a livello normativo su alcuni punti.  Ritengo che montagna non sia di tutti, poiché ogni alpeggio ha un proprietario e/o un affittuario. L’alpeggio comprende gli edifici (abitazione, stalla, locali di caseificazione e stagionatura dei formaggi) e i territori di pascolo. Il proprietario può essere una persona, un consorzio, un Comune, ma anche una Regione, mentre l’affittuario solitamente è un singolo allevatore, che salirà in alpe con i propri animali e con eventuali altri capi presi in affida, badando a loro o personalmente o con l’aiuto di operai.

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Cartello che segnala la presenza di vacche nutrici e il pericolo per chi volesse avvicinarle – Val Poschiavo, Svizzera (foto S.Spavetti)

Il territorio degli alpeggi però è attraversato talvolta da strade, piste agropastorali, ma soprattutto da sentieri. Tranne in casi limite, non ho mai sentito di divieti ai turisti sul territorio d’alpe (non so che sviluppi abbia poi avuto concretamente questa vicenda austriaca), ma può capitare di incontrare un gregge al pascolo con presenza di cani da guardiania che ci impone di abbandonare il sentiero per aggirare gli animali in sicurezza, oppure una rete di un recinto o fili e picchetti che intersecano il nostro cammino su un percorso segnalato. Allora mi chiedo: esistono degli obblighi per l’allevatore? Immagino che, giustamente, non si possa “chiudere” un sentiero, anche perché questi sono segnati sulle mappe, esistono dei catasti dei sentieri, vengono interdetti solo per eccezionali ragioni di sicurezza (frane incombenti, crolli di parte del tracciato). Ma non si può nemmeno vietare il pascolo “intorno” al sentiero perché certe persone hanno paura delle vacche, dei cani o perché tizio o caio (spesso per loro comportamenti scorretti) hanno avuto un incidente con gli animali. Quanta ragione può avere il turista che si lamenta perché il sentiero viene intersecato da una recinzione mobile di qualsiasi genere?

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Intersezione recinto con sentiero – Praterier, Nus (AO)

Ci sono situazioni in cui, con i bovini, si può suddividere la zona di pascolo sopra e sotto il sentiero, con appositi recinti, ma non sempre ciò è fattibile, quindi quel che si può fare è agevolare il transito degli escursionisti (ne abbiamo già anche parlato qui). Però occorre che le cose vengano dette chiaramente, al fine che non si debba discutere continuamente con quelli che “la montagna è di tutti”. La montagna è di tutti quelli che la rispettano e che rispettano reciprocamente le esigenze altrui: si cerca di comprendere le esigenze lavorative dell’allevatore, si rispettano i suoi strumenti di lavoro (quindi un filo trovato chiuso lo si apre per passare… e poi lo si richiude) e, viceversa, l’allevatore deve agevolare il passaggio delle persone sui sentieri. Gli animali però pascolano dove c’è erba, quindi pure intorno al sentiero (anche perché, altrimenti, l’escursionista in certi punti si troverebbe a dover camminare tra erba alta, talvolta bagnata, talvolta secca e “disordinata”).

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Passaggio per gli escursionisti – Vallone di Saint Barthélemy, Nus (AO)

Ancora più chiarezza serve per la questione dei cani da guardiania: un filo bene o male lo scavalchi, ma un cane può letteralmente impedirti di andare oltre. E’ lecito? Qui penso che possiamo parlare di un vero e proprio vuoto normativo, poiché le leggi esistenti non prendono in considerazione questo tipo di cani “da lavoro”. Sulla Gazzetta ufficiale troviamo questi articoli relativi ai cani, ma ci sono poi molteplici altre normative che li riguardano, per quanto concerne i diritti e i doveri dei loro padroni. Ai cani da caccia è consentito “vagare”, mentre per tutti gli altri si configura l’omessa custodia (reato penale). Quindi?

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Collari anti-lupo (vreccali) – (foto A.Bosco)

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Pastore della Sila con vreccale – Quincinetto (TO) (foto F.Bosonin)

Quindi occorre intervenire. Gli aspetti sono molteplici. Per esempio se avete aperto il link, avrete letto “Nella detenzione di cani non si possono utilizzare ne’ applicare
i seguenti apparecchi e attrezzature: collari con punte acuminate, (…)“, mentre il vreccale (collare con punte) viene utilizzato da sempre per salvare i cani da guardiania dai morsi del lupo quando arrivano al corpo a corpo nel loro lavoro di difesa del gregge (leggete ad esempio questa testimonianza).

Ma quel che mi preoccupa in particolare è il rapporto con gli altri fruitori della montagna. Il video sopra (realizzato da Agridea e Pro Natura Svizzera) dice che, in alcuni casi, se il cane proprio non vi lascia passare, dovete tornare indietro… In questi ultimi tempi, quasi quotidianamente mi tocca leggere l’ennesima polemica sui gruppi di montagna sui social. Per fortuna seguo solo quelli di alcune vallate piemontesi! Che ci troviamo in Valsesia o in Val di Susa, la musica è sempre la stessa: “Un cane mi è venuto contro, un cane dei pastori ha aggredito il mio cane, un pastore maremmano mi ha seguito fin lì, abbiamo avuto paura, sono stato morso, non siamo riusciti a passare, ho dovuto portare il mio cane dal veterinario, ecc ecc…“. E vi risparmio il tono dei commenti, le accuse ai pastori (che, secondo la maggioranza, maltrattano i propri animali, non li nutrono a dovere…), per non parlare poi dei consigli (“portatevi dietro un spray al peperoncino da usare contro i cani, glielo spruzzate negli occhi se si avvicinano a voi…“).

Servono norme precise, indicazioni chiare e univoche per gli escursionisti, serve più assistenza ai pastori? Il video sopra è stato realizzato qualche anno fa dal Gruppo Grandi Carnivori del CAI, ma scommetto che molti soci CAI si lamentano comunque per ciò che accade sui sentieri. Ultimamente sono usciti vari cartelli che segnalano la presenza di cani da guardiania, ma non sono uguali ovunque, variano di valle in valle, da regione a regione, pur ripetendo più o meno le stesse cose. Qualcuno, fortunatamente, ha anche cercato di dare delle regole anche per i turisti, visto proprio il gran numero di episodi non proprio a lieto fine (tra segnalazioni, denunce, parole grosse e polemiche).

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Cartello della Regione Toscana

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Cartello del Progetto Pasturus

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Cartello in uso in Trentino (foto D.Paratscha)

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Nuovi cartelli in uso da quest’estate in Provincia di Biella

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Vademecum per escursionisti e per pastori a cura dell’ASL TO3

Però… in questo elenco di “regole per i pastori”, ci sono alcuni punti che differiscono da quanto ho sempre sentito dire e spiegare dai tecnici agli stessi pastori. Per esempio il fatto che non si ammetta la presenza del cane senza il pastore, a meno che il gregge sia nel recinto (con gli stessi cani). Dai tempi in cui ero io stessa al pascolo con le pecore, ricordo bene come si parlasse del buon cane riferendosi a quello che era in grado di stare con il gregge senza allontanarsene anche senza la presenza del padrone, proteggendolo dal predatore senza interagire con altri elementi di disturbo, come i turisti, a meno che questi si ostinassero a passare in mezzo al gregge. Più volte mi è capitato, specialmente in Francia, di incontrare greggi con cani, senza pastore. Ma succede anche da noi, anche perché è materialmente impossibile esserci sempre.

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Un amico in visita ad un pastore “solitario” in alpeggio – Valchiusella (TO)

Faccio un paio di esempi: un pastore che gestisce un gregge da solo, senza aiutanti, nel suo lavoro quotidiano avrà sicuramente dei momenti in cui non può stare con gli animali, per esempio quando deve spostare il recinto. Quindi… si aprono le reti, il gregge parte verso i pascoli insieme ai cani, il pastore raccoglie le reti, le sposta e le riposiziona. Ultimato il lavoro, raggiungerà il gregge, magari dopo un paio d’ore. Come potrebbe fare altrimenti? So di allevatori che sono riusciti a non abbandonare l’allevamento di animali come capre (o pecore), utili anche per avere formaggi a latte misto, proprio grazie a cani che seguono il gregge mentre loro mungono le bovine e si occupano della caseificazione. L’alternativa sarebbe dover assumere una persona solo per seguire questo (piccolo) gregge al pascolo dal mattino fino alla sera, senza altri scopi se non quello di… controllare i cani!!

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I cani da guardiania accompagnano gli animali 365 giorni all’anno. Qui uno dei cani in testa al gregge durante uno spostamento nella stagione invernale nel Biellese

Ma poi, se il gregge è grosso, il pastore non sarà praticamente mai dove ci sono i cani da guardiania, quando si è al pascolo. Altrimenti cesserebbe anche parte del loro scopo, dato che devono sorvegliare territorio e gregge, per prevenire l’avvicinamento e l’attacco da parte dei predatori. Proprio per quello, se il gregge conta diverse centinaia di capi, serviranno più cani, perché uno o due, da soli, non sono sufficienti allo scopo.

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Uno dei custodi del gregge in Abruzzo (foto P.Tomei)

Provate a parlare con qualche pastore, in questi giorni. Vi racconteranno ogni sorta di disavventure con i turisti. C’è chi è stato chiamato dai Vigili perché il suo cane (libero) avrebbe morso qualcuno… e mentre era là, qualcun altro faceva denuncia perché aveva visto il cane legato… Vi racconteranno di quello che ha chiamato il Comune perché c’erano i cani nelle reti con il gregge e abbaiavano, così lui aveva paura di passare. Ci sono quelli che si ostinano a correre, a urlare, che tirano pietre e agitano bastoni. Quelli che gettano da mangiare ai cani. Per non parlare poi di chi si avvicina al gregge con uno o più cani (liberi o al guinzaglio).

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Un buon cane dev’essere nato tra gli animali che dovrà proteggere (foto M.Baldo)

Le regole che deve seguire il turista ormai sono risapute, ripetute in ogni tipo di cartello, in tutte le lingue, anche con i disegni. Molti le seguono… e va tutto bene. Altri no, e succedono degli incidenti. Se tutti i cani da guardiania attaccassero i turisti, ogni giorno in tutto l’arco alpino ci sarebbero stati centinaia di casi! Non nego che però ci possa essere il cane problematico, per indole e/o per errata educazione da parte del proprietario. Sarebbe importante inserire sempre cani che provengono da aziende agricole dove sono nati in mezzo alle pecore, alle capre. Ci sono persone che sanno consigliare gli allevatori in tal senso, il loro ruolo è fondamentale, in questo momento servirebbero ancora più figure simili, perché in molte regioni d’Italia i pastori non sanno come “usare” questi cani. Non è una colpa, semplicemente abbiamo bisogno che qualcuno ce lo spieghi, che venga a vedere come vanno le cose, che ci insegni correzioni, che ci dia suggerimenti. Bisogna testare il cane per vedere come si comporta con gli estranei. Non sono cose che si improvvisano, ci va tempo e i pastori non possono essere abbandonati a sé stessi, in queste fasi. Anche perché il loro lavoro con gli animali è già tanto e il tempo è sempre poco.

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Nuove leve per il futuro – Gressoney (AO) (foto A.Maffeo)

Quindi… oltre a colmare il vuoto normativo sulla figura “cane da guardiania” (o fare comunque più chiarezza su di essa), secondo me tutte le regioni dovrebbero investire in un’assistenza tecnica ai pastori (qualcuno l’ha già messo in pratica). Non tutti aderiranno. Un amico mi raccontava di averlo fatto, con buoni risultati (nessun attacco da quando ha i cani), ma anche con grandi sacrifici, infatti dorme in macchina accanto al gregge nelle reti, di notte. “Io ho molto aiuto e consigli dal tecnico, per lavorare con i cani e le reti. Il guaio è che altri pensano che io, facendo così, sia di quelli che “accettano il lupo”. Ma non è così, io temo per le mie bestie e vado avanti per la mia strada.

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Fienagione a Venoz – Nus (AO)

Per concludere un discorso che altrimenti potrebbe diventare lunghissimo, ricordiamoci che alla montagna servono sia il turista, sia il montanaro, che sia questo un pastore, un taglialegna, un agricoltore, un artigiano… o anche solo qualcuno che ci viva stabilmente, facendo l’orto, mettendo i fiori alle finestre, tenendo viva una casa e un pezzetto di terra intorno. Una “montagna esclusivamente turistica” non è sostenibile: per lunghi periodi all’anno sarà una cattedrale nel deserto e, i turisti che accoglierà nelle restanti settimane/mesi, saranno predatori in cerca di qualcosa che non è il vero spirito della montagna. Se viene a mancare il turista, quelle località diventeranno come un sito minerario quando il filone estrattivo si esaurisce. Nella montagna viva invece turismo e attività agricole, zootecniche, artigianali si integreranno. Quindi i Comuni di montagna non dovrebbero sottomettersi al turista che va a lamentarsi per la presenza dei cani, non dovrebbero emettere ordinanze che ne limitano l’uso, ma dovrebbero informare maggiormente i fruitori occasionali del territorio alpino su quali sono le modalità di lavoro in uso quassù, i ritmi di vita del pastore, l’utilità di questo mestiere per il territorio, per la biodiversità animale e vegetale.

Parlar di lupi ad Aosta

Ieri si è tenuta la serata “Il lupo in Valle d’Aosta. Una convivenza possibile”, organizzata da alcune associazioni ambientaliste, che prevedeva l’intervento di tre tecnici (Luca Giunti, Roberto Sobrero, Dario De Siena) e del responsabile del settore flora, fauna e ambiente della Regione (Paolo Oreiller). Purtroppo la sala, pur capiente, non è riuscita ad accogliere tutti coloro che erano interessati ad assistere all’evento. Molti allevatori, arrivati con un ritardo anche solo di qualche minuto dall’inizio previsto (tempo di finire i lavori in stalla, mangiare, lavarsi e raggiungere il capoluogo per le 20:30…), non sono letteralmente riusciti ad accedere alla sala, già gremita. Un vero peccato, perché la serata è stata interessante, istruttiva e, fortunatamente, non è degenerata in polemiche inutili. Penso che, alla fine, siano usciti delusi soprattutto gli estremisti (da una parte e dall’altra), e questo può essere indice di una buona qualità nell’informazione data. Però qualche critica da fare ce l’avrei…

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Fare una sintesi su quanto detto non è facile, perché gli argomenti trattati sono stati molteplici, tutti ugualmente importanti e articolati. Quello che vorrei evidenziare è come la questione sia stata affrontata in modo estremamente obiettivo, con una grande attenzione rivolta agli allevatori. Dal momento che il pubblico in sala comprendeva ogni categoria di persone, è stato mostrato come il lupo ha colonizzato il territorio, quanti danni fa con le predazioni, come questo sia un danno sia economico, sia psicologico e morale, quanto sia complesso cercare di difendere gli animali dagli attacchi… ma sono state date anche regole ben precise per tutti gli abitanti/fruitori della montagna.

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L’osso è tagliato di netto, ma chi ha portato nei boschi questa zampa bovina?

Innanzitutto è stata posta l’attenzione su come non si debba MAI foraggiare gli animali selvatici, volontariamente o involontariamente (non lasciare cibo per il lupo, ma nemmeno lasciare cibo per altri animali, che potrebbe attirare il lupo, non lasciare scarti di macellazioni, placente, ecc intorno all’azienda agricola o nella concimaia). Per chi va a spasso con il proprio cane, è stato spiegato come vi sia pericolo per il cane se lasciato LIBERO (d’altra parte la legge prevede che venga tenuto al guinzaglio o comunque nelle immediate vicinanze del padrone). Un cane libero che entra nel territorio di un branco di lupi è spacciato. …ma lasciare un cane che gira libero può essere anche pericoloso per il bestiame presente…

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Resti di una predazione su selvatico – St.Denis (AO)

Sto citando a memoria alcuni dei passaggi che ritengo particolarmente importanti da far conoscere al pubblico. Per quanto riguarda la pericolosità per l’uomo, è stato detto che, certo, il lupo può essere pericoloso in determinate situazioni. E’ vero che, in passato, si registravano attacchi alle persone, ma erano tempi in cui la montagna era densamente popolata e la selvaggina invece scarseggiava. Tutti i lupi ritrovati morti in questi anni non presentavano una condizione di malnutrizione: fauna selvatica ce n’è eccome, il lupo attacca per fame e si rivolge soprattutto alle prede conosciute, che sa come cacciare. Se però cerchiamo di avvicinarci (volontariamente o involontariamente) ad una tana, se cerchiamo di prendere un lupo ferito o malato, o se incontriamo un lupo in una situazione in cui lui si sente in pericolo (spazio ristretto, passaggio obbligato), allora sicuramente potrebbe esserci l’incidente per l’uomo.

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Dopo gli attacchi, queste pecore vengono ritirate in stalla anche in alpeggio ed escono al pascolo insieme alla mandria bovina – Colle del Nivolet, Valsavarenche (AO)

Per quanto riguarda le predazioni al bestiame domestico, il lupo attacca la preda che gli “costa” meno in termini di dispendio energetico e pericolosità e che gli garantisce il miglior beneficio. Tra prendere una pecora al pascolo e correre dietro ad un camoscio su per le cenge, prende la pecora. Ma se il bestiame domestico è ben protetto, tende ad andare a cercare cibo altrove. E’ stato detto chiaramente che non bisogna in alcun modo far sì che il lupo si avvicini all’uomo, bisogna disincentivare tale fenomeno. Si è parlato anche di abbattimenti? Sì… e non sono stati gli allevatori a farlo (con un certo disappunto da parte delle componenti ambientaliste più estreme presenti nel pubblico).

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Vasti pascoli nella piana del Nivolet, ma il territorio di un branco di lupi è ben più ampio di una vallata – Valsavarenche (AO)

Bisogna però tener conto che il lupo è una specie protetta e non sarà la Valle d’Aosta o qualsiasi altra regione a poter cambiare questo aspetto. Come è stato detto chiaramente in apertura di serata, il lupo è anche (e soprattutto) una questione politica. Se ci sarà un impegno politico, si potrà arrivare, attraverso la condivisione del Piano Lupo del Ministero dell’ambiente, anche a degli abbattimenti. Attraverso una valutazione, potrà essere eliminato il branco o il lupo particolarmente dannoso o aggressivo. Però è scientificamente provato che, una volta che il territorio è stato colonizzato, se si eliminano uno o più lupi, altri prenderanno il loro posto, se quello è un territorio dove c’è la possibilità di alimentarsi e sopravvivere. Lo dimostrano casi di studio come quello francese, paese europeo in cui si effettuano abbattimenti.

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Allevatore al pascolo con i suoi cani toccatori nel vallone di Comboé – Charvensod (AO)

Sul lupo in Valle sono stati presentati dati e numeri (si stimano 54 lupi, numero che aumenta in presenza delle cucciolate e dei giovani individui prima che avvenga la dispersione), attualmente organizzati in branchi che coprono tutto il territorio regionale. Gli attacchi ci sono, le misure di prevenzione contribuiscono a limitarli, ma non li azzerano. Veniamo quindi al punto dolente, su cui ci sarebbero molte considerazioni da fare e non so se riuscirò a scriverle tutte qui. Ieri sera c’è stato ben poco spazio per poterle esternare, poiché non si poteva andare avanti tutta la notte a parlare, la sala doveva chiudere. Sono stati presentati modelli di prevenzione, modelli che stanno dando risultati, ma… in situazioni e condizioni diverse da questo territorio.

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In Valle d’Aosta le vacche da latte vengono chiuse in stalla nelle ore centrali della giornata e la notte – Pila (AO)

Ritengo fondamentale che si pongano a confronto le diverse esperienze, c’è sempre da imparare, ma nello stesso tempo bisogna conoscere a fondo le modalità di lavoro e di gestione degli animali di un territorio. E’ stato detto che ogni luogo, magari anche ogni azienda è un caso a sé, ma in generale i modelli proposti ieri sera (si parlava infatti del modello ligure) non rispondono alle esigenze delle aziende valdostane. Ho però sentito parlare di progetti di “assistenza tecnica” per il futuro e questo mi sembra fondamentale (purché i tecnici abbiano alle spalle una solida formazione sia sul lupo, sia sulla gestione del bestiame e conoscano il più vasto numero possibile di situazioni in cui le aziende si trovano a dover “convivere” con il lupo, in Italia e non solo). L’allevatore non deve mai essere lasciato da solo (economicamente, psicologicamente e concretamente) in questa lotta. Perché di lotta (alla sopravvivenza) si tratta, specialmente in un contesto come quello attuale, dove molti allevatori di montagna (specie se piccoli) stanno vivendo una condizione economica molto critica e molti di loro si trovano in condizioni di “rassegnazione” (parola che mi è stata ripetuta più volte, da persone che lavorano in ambiti diversi, ma comunque a contatto con gli allevatori). Lo dico e lo ripeto spesso, ma è stato citato anche ieri sera, come più che mai in queste situazioni il lupo sia la goccia che fa traboccare il vaso. Bisogna quindi aiutare le aziende che “combattono” per convivere con il lupo. Questo sì che è un caso dove stanziare contributi. La Valle d’Aosta  qualcosa lo sta già facendo (finanziando strumenti di difesa attiva e anche contribuendo almeno in parte allo stipendio di un pastore a guardia del gregge), ma le spese dovrebbero essere totalmente coperte, se davvero si vuole proteggere lupo e allevamento.

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Cucciolo di pastore maremmano-abruzzese in un gregge nel Biellese

L’intervento che ho gradito meno, ieri sera, ha riguardato i cani. Innanzitutto sono state consigliate (giustamente) altre razze rispetto al maremmano-abruzzese, ma… prima di tutto sarebbe stato necessario sapere che, in Valle d’Aosta come in Piemonte, le razze ammesse a finanziamento nel bando appositamente creato erano solo il pastore maremmano abruzzese e il Montagna dei Pirenei. Il Pastore della Sila, elogiato dal tecnico, è stato effettivamente scelto da pochi, pochissimi allevatori, ma non rientrava nel suddetto bando, quindi chi li ha è come se non fosse riconosciuto dalle regioni… Sempre nello stesso intervento è stato detto che la Valle d’Aosta non ha una tradizione nell’impiego di cani anche perché “non si fa la transumanza”. Dunque, siamo d’accordo che non ci sia cultura e tradizione per i cani da guardiania (e serve molto lavoro/assistenza su questo aspetto), ma per i cani da lavoro (paratori o toccatori che dir si voglia) gli allevatori li hanno eccome, anche delle razze citate (per esempio il Beauceron, che vedo spesso girando negli alpeggi d’estate). Inoltre la transumanza non sarà quella abruzzese, ma dagli alpeggi si sale e si scende…

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Beauceron, utilizzato per la conduzione di una mandria – Vallone di Saint Barthélemy (AO)

E poi… le razze… spero si smetta di usare il pedigree come parametro per valutare un “buon cane”. Spero che si lavori molto sulla corretta scelta e inserimento dei cani (con assistenza, come detto sopra), ma che si scelgano cani nati e cresciuti in allevamenti di bestiame e non in allevamenti di cani. Ovviamente in aziende di zone dove il lupo c’è e i cani già lavorano per evitare gli attacchi. Sempre sui cani, parallelamente, occorre molto più dell’accenno “i turisti devono rispettare gli animali al pascolo difesi da un cane“. Perché non è vero che il cane che dà problemi è solo colpa dell’allevatore: in più occasioni ho visto gli stessi cani aggredire o semplicemente abbaiare a seconda di come si comportavano i turisti.

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La convivenza forzata talvolta porta alla vendita di tutti/alcuni animali: noi abbiamo dovuto rinunciare alle pecore – Nus (AO)

Ci sono stati anche tre allevatori (invitati dagli organizzatori) che hanno portato il loro esempio di convivenza. Perdonatemi, ma… certo, sono casi esistenti sul territorio, ma quanto erano rappresentativi della media azienda zootecnica valdostana? Tutti noi presenti sul territorio, volenti o nolenti, conviviamo con il lupo. Pure io potevo dire che la nostra è una convivenza al momento riuscita… se per successo si escludono le predazioni dirette. Ma abbiamo già dovuto vendere le pecore (una ventina di capi di razza autoctona rosset, in via di estinzione) perché era impossibile in termini di tempo e di costi gestirle come si deve per poterle proteggere dal lupo. Abbiamo dovuto cambiare in parte la gestione del pascolo sia per i caprini, sia per i bovini. Per l’alpeggio ci affidiamo a terzi e… teniamo le dita incrociate (per le capre comunque c’è la custodia costante e il ricovero notturno in un doppio recinto elettrificato). Abbiamo dovuto abbandonare dei pascoli, appezzamenti ripidi dove non è possibile sfalciare, dal momento che lasciare lì gli animali in reti/fili non era più sicuro. Questa è la convivenza, con costi economici, fisici, temporali.

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Uno dei pascoli ripidi dove mettevamo il recinto delle pecore dopo due anni di inutilizzo – Nus (AO)

Oltre a ciò che ho scritto fin qui, la principale criticità che posso riscontrare nella serata e di non aver fornito “soluzioni applicabili”. In parte perché era impossibile farlo in quella sede, in parte perché chi parlava non conosceva a fondo il sistema zootecnico valdostano (dove le vacche già vengono ricoverate in stalla la notte, dove già non si fa partorire in alpeggio le bovine, ecc…), in parte perché ogni problema richiede un suo studio e una sua soluzione. Però, ai non addetti ai lavori presenti in sala, può esser stata data l’impressione che le soluzioni ci sono e anche i valdostani devono adottarle, così da ridurre il numero di attacchi. Per esempio è stato detto che i cani da guardiania funzionano anche con i bovini, ma la mia esperienza personale mi dice che i casi in cui ciò è stato applicato con successo sono ancora molto pochi per poterlo affermare con tanta leggerezza.

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Mandria di vacche piemontesi ricoverate per la notte in un doppio recinto (reti + filo), con presenza di cani da guardiania, in un alpeggio della Val Chisone (TO)

Anche a chi a questo punto allora invocherebbe lo “sterminio” dei lupi (cosa IMPOSSIBILE dal punto di vista legale), vorrei solo ricordare che… ammesso e concesso che si arrivi a poter sparare al lupo, nel frattempo o comunque anche mentre il numero di lupi viene ipoteticamente ridotto… che si fa? Continuiamo a lasciarci mangiare pecore, capre, vitelli, ecc?? Non è meglio studiare strategie per mettere in sicurezza i nostri animali e, nel frattempo, tener lontano il lupo?

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Capre in alpeggio a Moncorvè – Valsavarenche (AO)

Se avessi la possibilità di partecipare ad un tavolo dove si parla concretamente di decisioni e strategie, da parte mia una delle prime considerazioni sarebbe: “Una squadra che viene per abbattere un lupo è un costo e non è detto che abbia successo. Ma perché non dare all’allevatore (con regolare porto d’armi) il permesso di sparare esclusivamente a quei lupi che vede avvicinarsi ai suoi animali, alla sua stalla?” Visto che bisogna indurre i lupi a girare alla larga, non sarebbe quella una soluzione (non da sola, ma abbinata alle altre strategie di difesa già citate)?

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Manzi incustoditi in un alpeggio ad alta quota nel Vallone delle Laures – Brissogne (AO)

Insomma, la serata di ieri ci è servita per conoscere meglio il lupo (e il “nemico” bisogna conoscerlo, per poterlo combattere), ma anche per sentire come i veri ambientalisti sono quelli che hanno a cuore tanto l’animale selvatico e l’ambiente, quanto l’allevatore e l’allevamento. Non a caso la serata ha lasciato l’amaro in bocca a tanti. Adesso però che si fa? Mi auspico che si voglia far qualcosa davvero (pur tra i mille problemi politici che la Valle sta vivendo) per accelerare questa ricerca di strategie per aiutare effettivamente gli allevatori a prevenire/combattere gli attacchi. Ma bisogna anche dare una risposta chiara a chi dice: “Noi come facciamo? Secondo quello che avete detto, per noi non c’è speranza.” Parlo di alpeggi difficili, senza strade, con strutture fatiscenti, dove vengono lasciate a pascolare bestie non produttive, animali giovani o da carne. Recintare interi alpeggi è impossibile, oltre al costo, alla fatica, alla morfologia del territorio, non dimentichiamoci il passaggio di tutti gli altri animali selvatici (ungulati ecc) che verrebbero a scontrarsi con questi recinti.

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Un camoscio in mezzo ai pascoli d’alpeggio – Piana del Nivolet, Valsavarenche (TO)

Direi che vi ho lasciati con tante riflessioni da fare, ma è la stessa sensazione che ho avuto ieri sera uscendo dalla conferenza. A molti non piaceranno parti del mio articolo, li invito a replicare suggerendomi soluzioni effettivamente applicabili. Il mio invito è tenere sempre presente che il problema è di tutti e va spalmato su tutta la popolazione, non solo sugli allevatori. Questo punto è particolarmente complesso, dato che stiamo vivendo in un’epoca in cui parte della società demonizza gli allevatori senza distinzioni, ritenendo che ogni allevamento sia una fabbrica di sofferenza e di morte, non capendo le differenze tra allevamento intensivo ed estensivo, ma nemmeno il ruolo che l’allevamento sostenibile ha nel mantenimento dell’ambiente, del paesaggio e della biodiversità.

Il turista e il montanaro

Anche agosto è passato, l’estate è ormai alle spalle. Sono volati, questi mesi. Per qualcuno sono stati la stagione dell’alpeggio, per altri la stagione in cui gli animali sono su in montagna e ci sono i fieni da fare, mille cose da sistemare in azienda, in casa, prima che tornino vacche, capre, pecore e tutto il tempo sia da dedicare a loro. Poi ci sono quelli per cui l’estate è la stagione per andare in montagna, soprattutto quest’anno che il caldo è arrivato presto, a giugno, ed è stato torrido.

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Una lunga fila di auto parcheggiate al Colle del Nivolet in un giorno feriale del mese di agosto – Valsavarenche (AO)

Sono saliti in montagna anche quelli che di solito non ci vanno: leggevo post sui gruppi di montagna, gente che chiedeva sui social consigli, informazioni su cosa fare, dove andare, come attrezzarsi… Tutto ciò talvolta mi pareva preoccupante, perché la montagna non va affrontata alla leggera solo con il consiglio di poche righe di uno sconosciuto. Ma non è di questo che vi voglio parlare, o meglio, vorrei dire qualcosa sul rapporto tra turista e montanaro! E’ sempre sbagliato ragionare per categorie, perché non esiste un “modello standard”, però gli esempi aiutano a capire meglio.

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Atleti si allenano in vista di una gara – Valle Orco (TO)

Diciamo che, quando il “montanaro” parla del “turista” in modo sprezzante, si riferisce a qualcuno che ha comportamenti errati, manca di rispetto, ignora molte cose sui territori di alta quota, sui suoi abitanti e sui lavori che qui si praticano. Come sempre, quando un comportamento non appartiene a un singolo, ma viene ripetuto per tempi lunghi e da molti individui, spesso si genera prima malumore, poi rabbia, quindi esasperazione. Non bisognerebbe arrivare a tanto, perché l’esasperazione generalmente non porta a nulla di buono.

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Paesaggi di alta montagna “incontaminata”: Lago Rosset – Valsavarenche (AO)

La montagna vive di turismo? Anche… Non dovrebbe vivere SOLO di turismo soprattutto perché, un territorio fragile come quello delle terre alte, ha bisogno di attività che curino il territorio, che lo presidino 12 mesi all’anno. Come sappiamo, la montagna ha un turismo invernale (che per alcuni è fatto da neve e territorio così com’è, da percorrere con le racchette da neve, con gli sci da scialpinismo… mentre altri hanno bisogno di piste, impianti di risalita, impianti di innevamento artificiale…) e uno estivo. Quest’ultimo si sta evolvendo, perché chi viene in montagna oggi sembra aver bisogno di qualcuno e qualcosa che gli permetta di divertirsi, di svagarsi. Ahimé non bastano i panorami, la natura, i boschi, i laghi, le montagne, la flora e la fauna… Non è sufficiente un sentiero che porta a un rifugio, una pista sterrata che permette di pedalare con più o meno fatica.

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Piste e impianti di risalita in Val d’Isere – Francia

Bisogna inventare attività, bisogna portare tutti fin in cima alle montagne e anche oltre. Lo ammetto, io frequento poco le località cosiddette “turistiche”. Quando mi capita, non solo aumenta la mia consapevolezza di una certa “asocialità selettiva” (non è che non mi piaccia la gente, ma ci sono determinate situazioni affollate che proprio non fanno per me!), ma resto anche inorridita da quello che si sta facendo in nome di… di cosa? Del turismo, dei soldi…

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Le costruzioni della stazione sciistica di Tignes – Francia

Certe località per me ormai sono rovinate per sempre. Lo so, non tutti saranno d’accordo con queste mie osservazioni, ma non so se sia solo una questione di punti di vista. Spero però che ci si fermi e che si rispetti quello che c’è ancora. Non solo per questioni (non trascurabili) di ambiente, ma anche perché portare in montagna chi la montagna non la conosce, non la rispetta, non la affronta con la giusta attitudine, è un grosso errore che può costare caro. Se si parte in barca diretti al mare aperto senza saper nuotare e senza avere nozioni di navigazione, i rischi sono immensi. Vale lo stesso per la montagna. Non solo non si scende a “passeggiare” sul ghiacciaio in canottiera e ciabatte, ma bisognerebbe anche avere ben chiaro in mente che la montagna non è un enorme parco divertimenti (quasi) gratuito. C’è gente che ci vive e lavora, ci sono animali, selvatici e domestici.

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Escursionisti in cammino – Colle del Nivolet, Valsavarenche (AO)

Il montanaro è chiuso? Il montanaro, nel suo DNA, ha un bagaglio ereditato dalle generazioni che l’hanno preceduto, che spesso hanno affrontato grosse difficoltà e fatiche. L’apparente chiusura forse è anche una strategia innata di sopravvivenza? Conosco montanari dal cuore d’oro, dal senso dell’ospitalità e della condivisione che raramente ho trovato altrove. Conosco montanari diffidenti e apparentemente chiusi, ma una volta conquistata la loro fiducia è stato come trovare una seconda famiglia. Certo, il montanaro ha la sua dignità. E, come tutti, chiede rispetto.

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Se non conoscete il comportamento degli animali e se non c’è il proprietario con voi… non entrate nei recinti, non avvicinatevi come sto facendo io qui! – Vallone dell’Urtier, Cogne (AO)

Dal punto di vista del popolo degli alpeggi, si chiede al turista di rispettare le strutture (quindi non entrate nelle baite abitate, non asportate fiori davanti agli alpeggi, non usate le stalle come gabinetti e, per tale scopo, nemmeno il retro delle baite stesse, non “portate via” niente di quello che trovate… tutti casi capitati davvero), di rispettare gli animali (non prendete con voi cuccioli di cane che trovate vicino agli alpeggi, non entrate nei recinti per accarezzare il vitello o l’agnello, non date niente da mangiare a capre, pecore, vacche, cani, non cercate di scattarvi selfies in mezzo alla mandria, tutti questi gesti innocui potrebbero avere conseguenze gravi per la vostra o la loro – degli animali- salute), di comprendere orari ed esigenze lavorative, di rispettare fili e recinzioni (dell’argomento abbiamo già parlato più volte), ecc…

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Il mio cane Grey in montagna – Cuney, Vallone di Saint Barthélemy (AO)

Un capitolo a parte è quello dei cani. Ogni tanto faccio la battuta che la terza guerra mondiale scoppierà per questioni di cani… Esagerazione, ma spesso le faccende canine e i loro proprietari faticano ad essere gestiti in modo pacato. Lo so che molti saranno profondamente infastiditi da quanto scrivo, ma il mio consiglio è di non andare in alpeggio se si ha un cane. In molti parchi naturali è già così, oppure si può andare con limitazioni (guinzaglio, cosa che in presenza di animali al pascolo dovrebbe SEMPRE essere usato). Si evitano problemi con i cani da pastore e da guardiania, con altri cani di escursionisti, si evitano i sacchetti con le loro deiezioni gettate nei pascoli (a questo punto, quasi meglio non raccogliere!), si evitano cani più o meno custoditi che corrono dietro sia alla marmotta, sia alla pecora…

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Turisti ed escursionisti incontrano una transumanza a Pont – Valsavarenche (AO)

Certo, il montanaro ha bisogno del turista, che può essere fonte di reddito. Ma allora ci vuole un vero turismo rurale (cosa che, su questo versante delle Alpi, è ancora indietro rispetto ad altre regioni italiane), non le torme di gente che salgono in funivia. Non sono quelli che vanno a comprare il formaggio in alpeggio. Secondo me, chi il formaggio lo apprezza davvero, se lo guadagna. Ne ho visti arrivare in macchina e chiedere la fettina di toma da 2 etti, chiedere la ricotta, ma “…mi dà anche il cucchiaino per mangiarla? E un po’ di pane ce l’ha?“. Il cliente ha sempre ragione? No, il cliente deve capire la differenza tra il supermercato e l’alpeggio a 2000 e più metri di quota.

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L’esterno del punto vendita di un alpeggio in Val di Rhemes (AO)

Ben vengano le iniziative per far conoscere la vita e il lavoro negli alpeggi. Ben venga l’agriturismo in alpeggio, le attività di degustazione, le gite guidate. Il turista non sa, il turista vuole conoscere, al turista si spiegano, si insegnano le cose, il turista imparerà a rispettare e apprezzare il prodotto e lo cercherà ancora, anche una volta tornato in città.

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Escursionisti sul sentiero… e nei pascoli – salendo al Colle del Nivolet, Valsavarenche (AO)

Turisti che vi lamentate sui social per i fili, per i cani da guardiania, per le campane delle vacche, per le strade “sporche” dopo una transumanza… Non venite in montagna, non fa per voi, non la capite, non è alla vostra portata. La montagna chiede rispetto, in tutti i sensi. Se partite per una scalata senza preparazione, senza attrezzature, potete rimetterci la vita. Preparatevi anche per una passeggiata, in fondo non vi tuffate in mare, anche vicino alla riva, se non sapete nuotare, no?

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Mandria al pascolo nel Vallone dell’Urtier – Cogne (AO)

E’ scontato dirlo, ma il rispetto genera rispetto. Salutate gli allevatori, i pastori che incontrate. Se sono tipi burberi, introversi e solitari, si limiteranno ad un cenno come risposta. Altri invece avranno piacere di chiacchierare con voi. Ritornando al discorso del post precedente, non limitatevi all’indignazione sui social, ma fate qualcosa di concreto. Scambiate due parole con quel guardiano di vacche, capre, pecore, che magari viene anche da un altro paese, da un altro continente (a tal proposito, leggete anche questo post).

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Manza in atteggiamento sospettoso: non esistono razze “pericolose”, ma singoli animali che possono caricare l’uomo in determinate situazioni sì – Vallone delle Laures, Brissogne (AO)

 

Vi ho detto tutto? No, vi ho dato solo, in ordine sparso, alcuni spunti di riflessione. Sono sicura che, sia da allevatori, sia da alpigiani, ma anche da escursionisti e da turisti, avete vissuto numerose esperienze che potrebbero essere raccontate in questo post. Tutti gli altri, i cafoni, coloro che credono che la montagna sia un bene comune dove loro sono esseri superiori perché “portano soldi”, meglio che stiano alla larga. Forse bisogna creare per loro appositi parchi divertimento a tema, tanto questi non sono una vera risorsa per la montagna!

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Chi avesse voglia di saperne di più, chi volesse scambiare qualche idea anche su questi temi, chi volesse avvicinarsi con un altro atteggiamento al mondo dell’alpeggio… è invitato a una due giorni in alta Valle Tanaro (CN), tra Briga Alta e Carnino. Qui il Parco delle Alpi Marittime mi ha invitata a presentare i miei libri (sabato 7 settembre alle 18:00 alla Locanda d’Upega) e a parlare di alpeggi insieme ad un guardiaparco, mentre domenica 8 dalla foresteria del parco a Carnino partirà un’escursione durante la quale si andrà alla scoperta del territorio d’alpeggio, delle sue genti, degli animali. Gli eventi sono gratuiti, ma per l’escursione la prenotazione è obbligatoria. Per informazioni info@parcoalpimarittime.it – 0171-976813. Forse sono necessarie anche più iniziative del genere, per avvicinare queste due “categorie” di turisti e montanari, cittadini e margari, resto del mondo e alpigiani…

L’erba del vicino è più verde solo se piove!

Passato il tunnel del Monte Bianco, effettivamente l’erba dei vicini francesi era più verde. Evidentemente di là piove più che da noi, dove invece i versanti della valle presentano chiazze “bruciate” che testimoniano come anche quest’estate, pur se meno siccitosa di quella precedente, abbia avuto problemi con le precipitazioni, il caldo, il vento.

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Scorcio tra le case – Megeve, Alta Savoia (Francia)

Ma non sono andata in Francia a parlare di cambiamenti climatici (anche se l’argomento qua e là è comunque emerso nei due convegni a cui ho partecipato, uno come facente parte del pubblico e l’altro come relatrice). L’argomento era il lupo. La sede era il Salone Internazionale del Libro di Montagna a Passy, in Savoia. Quest’anno il tema della manifestazione erano gli alpeggi. Pensavo di trovare più libri legati all’argomento, nelle bancarelle, ma la maggior parte dei testi erano dedicati alla montagna come vetta, come meta di viaggi, escursioni e ascensioni.

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Vignetta al Salone di Passy, Alta Savoia (Francia)

Due sono stati gli inconvenienti di questa trasferta: il poco tempo che non mi ha consentito di visitare il territorio come avrei voluto e il fatto che non parlo francese. Per fortuna lo capisco abbastanza da poter seguire il convegno, ma non ho avuto modo e spazio per poter interagire con gli altri relatori. Ahimè per problemi tecnici anche il mio intervento non è stato proiettato, così la metà del tempo a mia disposizione è stato dedicato a chi traduceva le mie parole.

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Capra rove in una manifestazione a Megeve – Alta Savoia (Francia)

…comunque, a parte queste difficoltà, mi premeva raccontarvi un paio di cose che condensano il succo di quanto è stato detto. In Francia gli allevatori sono arrabbiati tanto quanto in Italia. I problemi sono esattamente gli stessi. A loro dicono che in Italia pastori e allevatori hanno imparato a convivere alla perfezione… a noi dicono il viceversa! Ma, a parte questo, in Francia i problemi di predazione sono molto forti (anche perché il numero di ovicaprini, soprattutto ovini, è molto maggiore rispetto a quello di regioni come il Piemonte o la Valle d’Aosta). Con i turisti il conflitto per la presenza dei cani da guardiania è identico a quello che si registra da noi.

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Joseph con uno degli animali del suo gregge dopo una predazione – Francia (ph. Carnet de berger)

…e l’esasperazione dei pastori è portata all’estremo dagli insulti e dalle continue critiche che vengono loro rivolte da animalisti, da persone “esterne” al mondo rurale, da vegani, ecc… che, o sul campo, o via social, si accaniscono contro gli allevatori e il loro operato, giudicando e spesso offendendo senza avere conoscenza diretta della realtà, del lavoro, della vita e degli animali.

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I partecipanti al convegno di Passy (ph Carnet de berger)

All’incontro erano presenti, oltre alla sottoscritta, tre allevatori: un’allevatrice di pecore da latte, un pastore salariato (di origine svizzera) che lavora come guardiano di un gregge di pecore e un allevatore locale di vacche e capre. Inoltre vi era il biologo svizzero Jean Marc Landry che, da anni, studia il lupo e si occupa anche delle problematiche di convivenza con la realtà pastorale. E’ stato un incontro interessante, anche se… non ho sentito niente di nuovo! Quanto detto dai pastori non differisce da quello che avrei potuto ascoltare in qualsiasi vallata italiana. Notti insonni per paura di nuovi attacchi, gestione sempre più difficoltosa perché non riesci a star dietro agli animali, mungere, fare il formaggio, andare a venderlo… e pagare un operaio è difficile, in tempi di crisi. Cani che saltano le reti, cani che mordono turisti, turisti che si ostinano a voler passare di corsa, in bici, a piedi…

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Capre e cani da protezione in Alta Savoia (ph La ferme des Armaillis)

E’ stato detto che non esiste la razza perfetta di cani, quella che funziona sempre e comunque, ma esistono cani ottimi, cani buoni e “cattivi” cani, non adatti alla protezione delle greggi. Avere i cani giusti sicuramente fa la differenza e risolve una buona parte dei problemi. Ho finalmente avuto la conferma che… sì, in Francia il pastore (con regolare porto d’armi) può effettuare dei tiri di difesa in caso di attacco del lupo, ma ogni anno c’è un numero massimo di lupi che possono essere abbattuti.

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Joseph e il gregge – Francia (ph. Carnet de berger)

Anche la moderatrice del convegno ha cercato di capire se potevano esserci delle soluzioni a tutti  problemi emersi. Credo che nessuno sia rimasto soddisfatto dalla risposta di Landry. Giustamente, il biologo ha detto che non può essere solo il mondo pastorale a farsi carico della convivenza con il lupo, ma questo aspetto deve essere ripartito su tutta la società. Fin qui concordo, ma trovo utopistica la sua teoria secondo cui la società, fatta di consumatori, deve compensare mediante l’acquisto non solo di prodotti locali della pastorizia (che dovrebbe avvenire sempre e comunque, a prescindere da lupi, orsi, linci…), ma deve anche spendere qualcosa in più che vada a coprire le spese aggiuntive sostenute dagli allevatori per difendersi dai predatori.

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I formaggi di Yoann e Muriel (ph. La ferme des Armaillis)

Siamo in un periodo di crisi. E’ stato detto che, anche in Francia (dove il consumo di carne ovicaprina è ben maggiore rispetto a noi), i prezzi sono bassi perché c’è forte concorrenza con carne che arriva dalla Nuova Zelanda o dal Regno Unito. Me lo dite voi chi sceglierebbe di pagare molto di più la carne perché il pastore deve mantenere i cani, deve comprare le reti, deve assumere un aiutante? Esperimenti simili erano stati tentati anche da noi, mi pare con i formaggi, ma non ho mai sentito parlare di grandi esiti positivi. Già è difficile trovare l’estimatore di certi prodotti, la vendita del prodotto tipico è comunque riservata a una fetta di consumatori, figuriamoci aumentando ancora il prezzo!

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Giardino fiorito nel villaggio di Combloux – Alta Savoia, Francia

…e così ce ne siamo tornati tutti alle nostre faccende quotidiane di convivenza più o meno diretta con i predatori, ridendo amaramente di un intervento venuto dal pubblico, una signora che ha commentato che è solo questione di tempo, perché tra qualche generazione ci saranno sicuramente cani e pecore in grado di affrontare da soli il lupo e conviverci…

…bisogna dirlo a qualcuno!

C’è un problema che sta diventando sempre più grave. Non è solo ingigantito da immense (quanto inutili) polemiche sui social, ma appartiene più che mai al mondo reale. Sto parlando della questione dei cani da guardiania, problematica connessa alla “questione lupo” che, specialmente in questo periodo dell’anno, arriva ad assumere una rilevanza anche maggiore rispetto agli attacchi dei predatori.

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Gregge in alpeggio con cani da guardiania – Bardonecchia (TO)

Le polemiche, gli insulti, le parole grosse nei commenti su facebook non servono a niente, a parte portare le persone (tutte) all’esasperazione, allevatori e turisti. Visto che di questi tempi il buonsenso scarseggia, credo sia necessario muoversi su altri fronti, non soltanto nel mondo virtuale. Quindi bisogna affrontare il problema in modo concreto. I cani da guardiania ci sono, i pastori li DEVONO usare per difendersi dal lupo e dagli altri predatori. I cani da guardiania vengono impiegati solo ed esclusivamente per questo scopo, hanno modalità di “lavoro” diverse dai cani “da pastore” impiegati per condurre il gregge/la mandria.

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Uno dei cani sorveglia il gregge dall’alto – Sommarese (AO)

Sono urgentemente necessari provvedimenti su due fronti: primo, delle normative a livello nazionale che permettano un corretto impiego di questi cani da parte degli allevatori. Secondo, una campagna informativa massiccia rivolta a tutta la popolazione. Non bastano quattro cartelli lungo piste e sentieri, serve una comunicazione su tutti i fronti (televisione, carta stampata, internet), rivolta ai privati cittadini, alle istituzioni, alle associazioni (in particolar modo quelle che hanno a che fare con la montagna, specialmente se accompagnano gente in montagna), agli operatori del territorio.

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Anche in Francia non si usano solo più i patou (Pastori dei Prenei)

Aggiungerei poi che sarebbe anche necessaria una vera formazione destinata ai pastori che spieghi sia il carattere di ciascuna delle principali razze impiegate a tal scopo, ma anche come vanno utilizzati perché svolgano il loro “mestiere”. Basterebbe un opuscolo, ma scritto non da qualche “esperto di razze canine”, ma da qualcuno che vada a sentire i pastori che, da generazioni, impiegano questi cani. Lo dico perché sovente leggo i commenti di allevatori (di pecore, non di cani) del Centro-Sud che rimproverano i colleghi del Nord che, a loro dire, sbagliano tante cose, a partire dalla scelta del cane, dalla gestione, ecc… Secondo loro, un buon cane risolverebbe la questione alla base, perché non causa problemi con “il resto del mondo”.

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Cani da guardiania con il gregge nella stagione invernale – Pianura verso Carignano (TO)

Partiamo dal primo punto. Non è possibile che i Comuni emettano delle ordinanze che, di fatto, limitano il giusto utilizzo di questi cani nella funzione della guardiania, per l’appunto. Emblematico il caso del Comune di Alagna Valsesia. Qui sotto potete leggere il testo completo dell’ordinanza recapitata a tutti gli allevatori della zona. Si specifica che, pur essendo l’agricoltura importante, è il turismo che fa vivere la comunità di Alagna. Avrei qualcosa da dire in merito, ma rimaniamo sull’argomento principale. I turisti sono andati a lamentarsi in Comune, quindi ecco delle “regole”. I cani devono tassativamente essere messi in sicurezza dalle 7 alle 19:00. Se in quel lasso di tempo per qualche motivo non c’è il pastore… allora non devono stare con il gregge!

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L’ordinanza del comune di Alagna Valsesia (VC)

 

Ecco che torniamo sulla formazione da dare ai pastori… sì, perché più volte ho letto parole di allevatori della Toscana o dell’Abruzzo che dicono ai colleghi che, con un buon branco di cani adatti, il gregge può essere lasciato da solo. Mungi li animali, poi li metti al pascolo con i cani, li raggiungi quando hai finito di fare il formaggio, per esempio. O se non mungi, comunque ci sono dei momenti in cui non sei lì con le pecore o capre che siano. Perché apri il recinto e magari devi spostare le reti. Perché vai a vedere com’è l’erba più su, o nel vallone dove ti devi spostare dopo.

Poi, sempre leggendo la nostra ordinanza, gli imprenditori agricoli sono obbligati a garantire a tutti i fruitori della montagna la possibilità di percorre i sentieri. Anche qui avrei qualcosa da dire: primo, consiglio di riguardare questo video del WWF svizzero, con i consigli per escursionisti e ciclisti. Mi sembra ben chiaro il messaggio che prima venga chi è lì per lavoro (il pastore), poi chi sta svolgendo un’attività ricreativa (il turista). Quest’ultimo è invitato, in situazioni estreme, a cambiare percorso. In moltissimi casi gli “incidenti” sono legati al comportamento errato del turista, poi ci sono anche in giro cani non equilibrati, probabilmente inadatti al compito che dovrebbero svolgere (difendere dai predatori, non aggredire la gente). Qui raccontavo un incontro con un gregge difeso da cani (senza la presenza del pastore): proprio contro quei cani avevo letto decine di articoli, post sui social, lettere ai giornali… eppure noi non avevamo avuto alcun problema!

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I cani da guadiania avvistano ogni movimento sospetto dall’alto – Ferriere, Valle Stura (CN)

Guai a dirlo in Italia!! Dove il “turista” sbraita sui social, invita ad avere sempre a portata di mano lo spray al peperoncino per difendersi dai cani (tra l’altro, proprio con questa funzione è stato “inventato” in Germania e dato in uso ai postini!), cita il codice penale (articolo 672, omessa custodia dei cani). E qui per l’appunto veniamo al discorso delle normative. Un cane da guardiania non può (e soprattutto non deve) stare vicino ai piedi del pastore, come un altro cane. Il suo ruolo è quello di difendere in caso di attacco, ma anche di sorvegliare il territorio per prevenire l’attacco! Quindi il cane va davanti al gregge, si apposta su una roccia dove ha una buona visuale, esce dal gregge per fiutare una traccia di un lupo passato la notte prima, poi torna. Parlo non di cose che ho studiato, ma che ho visto sul campo.

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Gregge e cane da guardiania senza pastore – Moncenisio, Francia

Mi scrive una ragazza dalla provincia di Cuneo e mi dice che, per colpa delle lamentele dei turisti, il suo compagno, pastore, è stato convocato in caserma dai Carabinieri. Non è stato morsicato nessuno, ma i cani hanno “abbaiato minacciosamente”… Anche in questo caso, richiamo della legge per “l’omessa custodia”, ma in aggiunta “…ti risulta che esista una legge che dice che bisogna essere una persona ogni 50 capi a custodia del gregge? “. A me risulta che sia necessaria una persona ogni cinquanta capi nella movimentazione di animali sulla strada (codice stradale, art. 184)! Qualcuno ci sa illuminare su questo aspetto?

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Vallée di Averole – Francia (foto C.Ferro)

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…non dimentichiamoci che, in Francia, queste sono le regole…

L’altro giorno ho condiviso delle foto di un amico escursionista che, in Francia, ha incontrato un gregge accompagnato dai fedeli patou, Pastori dei Pirenei. Non c’era nessun pastore, i cani hanno avvisato gli intrusi abbaiando, gli escursionisti si sono comportati correttamente e il tutto è finito con un bel servizio fotografico da postare su facebook. Ho condiviso pertanto questa felice testimonianza e, tra i commenti che ne sono scaturiti, c’è stata anche quella di un pastore dell’Abruzzo, che spiegava come non serva “addestramento” per i cani da guardiania, ma è tutta una questione di indole. Semplicemente i cuccioli nascono e crescono con il gregge.

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I cuccioli seguono il gregge – Abruzzo (foto M.Sansoni)

Il pastore abruzzese ha postato questa foto e a me sono venuti in mente i servizi di Striscia la Notizia, dove viene puntato il dito quando il pastore ha la cucciolata con il gregge d’inverno. Provate voi a spostare il gregge con dei cuccioletti che seguono in questo modo! Parte subito la denuncia per maltrattamento animale, come minimo…

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Cane da guardiania nel recinto con il gregge – Pianura pinerolese (TO)

Come vedete la situazione è sempre più caotica. Pastori denunciati perché i loro cani si sono allontanati, ordinanze dei Comuni, chi vuole che, di notte, i cani da guardiania stiano dentro delle gabbie, chi impone la museruola di giorno… Lo so che è tardi, che è estate, che ormai i politici sono in ferie e la gente scappa dal caldo andando su in montagna, dove i pastori pascolano con le loro greggi e i cani fanno il loro lavoro, ignari di tutte queste polemiche! Però bisogna partire subito per far sì che questa situazione venga definitivamente chiarita su tutti i fronti, prima che degeneri ancora di più. Se qualcuno si impegnasse… potremmo farcela! Iniziate ad aiutarmi a far circolare questo articolo, chissà che non arrivi anche sotto gli occhi di chi può veramente fare qualcosa?

In Piemonte mi è tornata la passione

La scorsa settimana sono andata a trovare un pastore… Avevo visto foto della sua transumanza, della salita del gregge in Valle d’Aosta. Quando l’ho saputo “fermo” in pascoli di mezza quota, gli ho fatto visita. Tra l’altro, la destinazione finale della sua transumanza è nel territorio del Parco del Gran Paradiso, quindi anche lui fa parte degli allevatori che devo intervistare per il progetto di cui vi parlavo qui.

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Mimmo e il gregge a Sommarese (AO)

Mimmo lo avevo già incontrato lo scorso autunno quando, con il gregge, la famiglia e gli amici, ridiscendeva la valle a piedi. Ma in primavera riesce ugualmente a salire a piedi? “Di qui alla valle di Rhêmes carico sui camion, a questa stagione è impossibile spostarsi, ci sono tutti i prati dove devono tagliare l’erba o animali al pascolo. Non è stato facile nemmeno arrivare qui, ho dovuto fare le tappe di notte, prendere dell’erba in un posto giù per potermi fermare di giorno.

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Il gregge a Sommarese (AO)

I pascoli di Sommarese sono una “benedizione” per il gregge e il suo pastore. “Devo proprio ringraziare tanto il Consorzio che, da cinque anni, mi fa salire qui per pascolare tutta questa zona che ormai era abbandonata. C’è solo uno con le vacche più in basso. Mi fermo circa un mese, adesso in primavera e poi in autunno. In autunno però riesco a scendere a piedi, 4 giorni dalla Valle di Rhêmes. Con meno pecore uno potrebbe passare qui tutta l’estate, l’unico problema è che c’è poca acqua.

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Gregge e cani da guardiania, Sommarese (AO)

E’ un bel pomeriggio di sole caldo, le temperature in quei giorni si erano finalmente alzate. Il gregge, quando sono arrivata, era ancora nel recinto, inutile metter fuori le pecore sotto il sole, pascolano meglio la sera con il fresco. Il gregge era sorvegliato da tre cani da guardiania nel recinto, tre pastori abruzzesi, e uno era legato fuori, un pastore dell’Asia Centrale. Mimmo mi racconta, come tutti i pastori, del rapporto contrastante con questi cani, fondamentali nel proteggere il gregge da un predatore sempre più numeroso e presente, ma problematici per la coabitazione con tutti gli altri fruitori della montagna. “Ne avevo su solo due, poi dopo aver passato le notti in bianco perché abbaiavano di continuo, sono andato a prendere gli altri due. I lupi ci sono, li ho visti. Negli anni scorsi ho già anche visto i cani scontrarsi direttamente con i lupi.

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Anche alcuni asini e cavalli nel gregge – Sommarese (AO)

La Valle d’Aosta non è un territorio particolarmente abituato al transito di greggi così grossi, qui gli allevatori di ovini hanno un numero di capi solitamente molto più ridotto, qualche decina di capi, non di più. “All’inizio c’era qualche… perplessità! Poi adesso va tutto bene. Certo, c’è qualcuno che proprio non vuole che passi o non mi lascia fermare nemmeno d’autunno, ma in generale va bene. Anzi, è più difficile trovare dove passare in Piemonte, da Carema in giù, quando scendo.

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Uno dei cani da guardiania sorveglia il territorio a lato del gregge – Sommarese (AO)

Chiacchieriamo ancora un po’, poi lascio Mimmo al suo pascolo pomeridiano. Mi racconta di essere “nato” pastore, da bambino e ragazzino già faceva questo mestiere. “Ma in Calabria, con i miei. Lì le pecore le mungevamo. Poi ho fatto altro, mi sono spostato, ho lavorato anche con i cavalli. Poi sono venuto in Piemonte e mi è tornata la passione. E’ dal 2001 che ho le pecore.

Io fatico a capire…

Io, sul tema “lupo”, fatico a capire tante cose. L’argomento è così vasto che sono sempre più restia ad affrontarlo, perché comunque se ne parli, si tralascia qualcosa e si creano fraintendimenti di vario tipo, discussioni, animi che si infiammano.

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Gregge di capre in alpeggio: gli ovicaprini sono tra gli animali domestici i “preferiti” dal lupo, ma si registrano predazioni anche nelle mandrie di bovini – Valsavarenche (AO)

Raramente trovo chi affronta il tema in modo obiettivo e corretto, il più delle volte si preferiscono estremismi che non portano da nessuna parte, ma solo a un’esasperazione e un odio sempre più profondo (come se ce ne fosse bisogno!). Sicuramente tale atteggiamento non porta al dialogo e alla ricerca di soluzioni concrete. Si va da quelli che ritengono i lupi animaletti “pucciosi e coccolosi”, con emeriti idioti che cercano il selfie con il lupo o il video mentre cercano di dar da mangiare al lupo… fino a quelli che vorrebbero sterminarli tutti.

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Escrementi di lupo su di un sentiero – Valle d’Aosta

Come in molti altri casi, la buona e corretta informazione passa in terzo o quarto piano, si preferisce condividere il post di poche righe con questi messaggi estremi, fa sensazione e agevola il commento da parte di chiunque. Tralasciando gli animalisti da salotto e tutti quelli che pensano che il mondo reale sia un film di Walt Disney, vorrei capire, per esempio, a cosa mirano quelli che continuano a pubblicare foto di animali selvatici predati dal lupo. Il lupo c’è, il lupo si è diffuso, è aumentata la sua presenza, quello ormai è un dato di fatto. Il lupo è un carnivoro. Il lupo è un animale selvatico, quindi… preda e consuma quello che trova! Capisco molto bene l’allevatore disperato per le predazioni al bestiame, ma cosa trovate di “notevole” nel fatto che venga ucciso e mangiato un capriolo o un cervo?

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Gregge di pecore di razza frabosana-roaschina: le razze autoctone a rischio di estinzione dei piccoli allevamenti sono messe particolarmente in pericolo dalla presenza dei predatori – Valle Stura (CN)

…e quelli che si ostinano a dire “bisogna uccidere tutti i lupi”? Come pensano sia possibile farlo? Anche cambiando le leggi, mai al giorno d’oggi si potrebbe pensare di ottenere una cosa del genere. Secondo me l’insistere nel chiedere una cosa del genere è dannoso e controproducente. Quando leggo di qualcuno che propone di “spostare” i lupi mi viene da ridere. Dove?? E poi, come pensano di tenerli fermi? Sugli abbattimenti se ne può discutere, ma io resto della mia idea, che l’unico ad avere il diritto di sparare al lupo dev’essere l’allevatore che lo avvista nei pressi dei suoi animali. Le ipotesi di “quote di prelievo di lupi” secondo me hanno poco senso e, per gli allevatori, non porterebbero a risultati degni di nota (non è detto che nella “quota” ci siano effettivamente lupi che sono soliti avvicinarsi all’uomo, predare il bestiame, ecc…)

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Grosso gregge in alpeggio: di giorno si pascola con la presenza dell’uomo e i cani da guardiania, per la notte tocca posizionare le recinzioni mobili elettrificate – Bardonecchia (TO)

Altra cosa che non capisco, l’ostinazione di molti a sostenere che “il lupo non si avvicina all’uomo” o “il vero lupo non si avvicina…”. Allora tutti quelli che scendono nei paesi comportandosi quasi come animali spazzini, quelli che camminano nelle strade, cosa sono? Qualcuno farà anche parte dei vari cani lupo cecoslovacchi sfuggiti al controllo dei padroni, ma tutti gli altri sono lupi. Che poi ci siano anche ibridi in circolazione, viene più o meno detto, ma non in modo chiaro. Quello che piacerebbe sapere e cosa si pensa di fare con questi ibridi, dato che molto probabilmente la loro “paura dell’uomo” è ancora minore rispetto a quella dei lupi-lupi!

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Non è solo in alpeggio che si verificano predazioni, ormai si segnalano casi anche in fondovalle e in collina – Vallone di Saint Barthélemy, Nus (AO)

Ci sono poi tutti quelli che “il lupo è pericoloso per l’uomo”. Puntualmente ogni presunto attacco capitato dalle nostre parti viene smentito dai fatti o dai diretti interessati. Ma certo che è pericoloso, probabilmente però meno di quanto lo possa essere un cane, ma pari a un cinghiale o a qualunque altro animale selvatico che attacca o per paura della propria incolumità in situazioni in cui la fuga non è possibile o per difendere la prole. Che oggi, in Italia, un lupo attacchi un uomo per “fame” lo escluderei.

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Gregge e cani da guardiania – Bardonecchia (TO)

Le cose che vorrei capire sono tante, ma mi limito a parlare ancora di due aspetti. Primo, vorrei che chi si occupa di studiare e tutelare il lupo facesse più chiarezza. Mi è piaciuto un articolo che ho letto qualche tempo fa (o forse era un post su facebook), dove si diceva che il lupo non è “né buono né cattivo”. Partendo da questo atteggiamento, bisognerebbe andare avanti con obiettività, ammettendo (come si diceva sopra) che il lupo non scappa più o non sempre scappa appena vede l’uomo. E poi ammettendo che i lupi ormai hanno colonizzato e stanno colonizzando tutti gli spazi, dalla montagna alla pianura.

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Gregge vagante “scortato” dai cani da guardiania tra le strade di pianura del Canavese (TO)

E veniamo così all’ultimo punto. Mi chiama un pastore, o meglio, un allevatore che ha, per passione, un gregge di pecore. E’ una persona intelligente, sa che ormai i lupi ci sono, che non possono essere sterminati, così si è dotato dei mezzi per proteggere il gregge. Ha cercato dei cani “giusti”, non si è accontentato della razza, ma è andato a prenderli in Centro Italia, da un pastore che li ha sempre avuti con il gregge. Le sue pecore ora sono in fondovalle e, vicino al recinto, passa chi va a fare la passeggiata, chi va in bici, chi corre. Il pastore mi telefona per chiedermi come fare per avere i cartelli che segnalano i cani da guardiania, mi attivo per rispondergli e… scopriamo che non vengono più forniti, quindi chi li vuole, deve arrangiare a farseli.

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Cucciolo di pastore maremmano-abruzzese  in un gregge vagante, dietro si scorge anche un cane adulto – Santhià (VC)

Ma il pastore ha anche un altro problema. Il suo Comune, a cui ha fatto richiesta per apporre questi cartelli prima e dopo il gregge, lungo la pista che passa da quelle parti, gli ha mandato una lettera dove, sentito anche il parere di un veterinario, gli rispondevano che tali cani fossero da usare esclusivamente per proteggere le pecore dai predatori in alpeggio! E’ qui che non ci siamo!!! Abbiamo un pastore che si comporta correttamente, usa le reti, i cani, e gli diamo questa risposta? Un organo ufficiale gli fornisce questa risposta?? Soprattutto quando a pochi chilometri di distanza nelle settimane precedenti c’è stato un attacco certificato? E se anche in quel caso fossero stati cani vaganti, i cani da guardiania difendono il gregge anche da quelli, quindi è mio diritto tenerli sempre nel gregge!

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Cucciolone accanto al recinto: il cane reagisce abbaiando alla presenza di estranei in assenza del pastore – Canavese (TO)

E qui siamo arrivati all’ultimo punto (per oggi), la nota dolente dei cani. Mi domando perché ci siano persone che continuano a sconsigliarne l’utilizzo. Per me equivale condannare i pastori e i loro animali. Sai che ci sono i lupi e… non fai niente?Bisognerebbe addirittura stimolare i pastori a prendere i cani prima ancora che ci siano problemi di predazione in zona, per evitare che, trovando facili prede, si insedi un branco. Allo stato attuale le forme di difesa del gregge sono solo passive. I cani da guardiania, se adatti e ben inseriti, funzionano. L’ho già detto altre volte, un pastore sa che non tutti i cani “lavorano bene” per quanto riguarda la conduzione del gregge e sa anche che un buon cane già addestrato vale molto. Perché non dovrebbe essere valido lo stesso principio per i cani da guardiania? Certamente, c’è chi ne sta facendo un business, ma anche un valido sistema di sicurezza per tenere i ladri fuori di casa non me lo regala nessuno. L’importante è che il cane acquistato faccia il suo lavoro. Anche un montone con una certa genealogia e genetica non me lo regala nessuno!

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Gregge e turismo – Sestriere (TO)

Mi spiace leggere le parole di chi si “oppone” ai cani. Preferirei che si spendessero le stesse energie per aiutare i pastori ad inserire dei cani “giusti”, per favorire la comunicazione da parte di pastori (magari di altre aree d’Italia) che i cani li hanno sempre usati con buoni risultati e anche per fare molta, molta informazione a tutti i fruitori del territorio. Perché il grosso problema dei cani è proprio quello, cioè attirare sul pastore le ire dei turisti e altri fruitori della montagna/degli spazi rurali, visto che il cane con il gregge ci deve stare sempre. Se non ci fossero lamentele (e anche qualche denuncia), molti pastori non sarebbero così contrari ai cani. Anche perché, mi raccontava uno di loro, “…da quando li ho, non mi è più sparito un agnello dalle reti, di notte…

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L’inserimento dei cani da guardiania nel gregge è un processo fondamentale che richiede cura e attenzione da parte del pastore – Santhià (VC)

E’ finito qui, il discorso? No di sicuro, ma ne ho già parlato così tante volte… Quello che posso invitarvi a fare, è cercare di documentarsi e comprendere il problema in tutte le sue sfaccettature, senza pregiudizi e preconcetti. Il predatore per l’allevatore è un grosso problema, soprattutto perché gli stravolge il modo di lavorare, comportando spese aggiuntive, perdite economiche, danni nel caso di predazione, stress continuo. Tutto questo in un periodo storico in cui le aziende, specialmente quelle piccole, quelle di montagna, quelle delle aree marginali. già non stanno affatto bene. I prodotti rendono poco, senza contributi economici statali/europei non si va avanti e a nessuno vengono compensati interamente i “disagi” causati dai predatori. Questo è il nocciolo del discorso. Poi di parole possiamo andare avanti a farne all’infinito…

Perché dire “lupo” vuol dire tante cose

La scorsa settimana siamo finalmente riusciti ad andare a trovare Giovanni. Da troppo tempo rimandavamo questa visita, mesi e mesi, per non dire un paio d’anni! Ci siamo avventurati su per la Valchiusella, vallata che una quindicina di anni fa avevo percorso in lungo e in largo per il censimento degli alpeggi. Già allora non era stato facile individuare molti sentieri…

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Al pascolo ai Piani di Cappia – Valchiusella (TO)

Per arrivare su dal nostro amico pastore, abbiamo approfittato delle indicazioni raccolte lungo la strada. Questa signora che pascolava la sua piccola mandria sapeva tutto degli spostamenti dell’uomo e del suo gregge “Si è abbassato ieri, prima era più su in alto. Prendete quel sentiero lì che va in là in piano, non potete sbagliare!

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Mezzo di trasporto tradizionale – Piani di Cappia, Valchiusella (TO)

Una volta individuato il sentiero (nessuna freccia e segni sbiaditi sulle rocce), sbagliarsi era effettivamente impossibile, perché era l’unica traccia che tagliava quei versanti scoscesi tra boschi e cespugli fortemente danneggiati dall’incendio dello scorso autunno, pietraie e magri pascoli ripidi. Non sono “belle montagne”, queste. Piacciono a chi ama la natura selvaggia, ma venire in alpeggio qui significa far fatica, sapersi adattare a condizioni di vita quasi immutate nei secoli. Quassù non arrivano strade e le baite sono quelle vecchie, tradizionali, senza ristrutturazioni, senza “comfort”.

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Giovanni al pascolo con il gregge – Valchiusella (TO)

Giovanni ci aspettava, una delle poche modernità quassù è il segnale del telefonino, che prende e non prende, ma bene o male si riesce a comunicare. Avevamo tante cose di cui parlare, tanto da raccontare, ma il suo discorso, immediatamente dopo i saluti, è stato incentrato sul lupo. Ci ha mostrato che proprio lì vicino gli aveva sbranato degli animali. “La più bella capra fiurinà che avevo… Tante notti ho dormito anche lì, sotto quella balma, per essere vicino al recinto.

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Gregge al pascolo – Valchiusella (TO)

Doveva sfogare la sua “rabbia”, la sua frustrazione, la sua impotenza contro questo nemico che gli impedisce di godersi questi ultimi momenti felici con il gregge. Il lupo è arrivato da quelle parti di pari passo con una serie di problemi che hanno colpito questo pastore. Gli anni passano, la salute non è più quella di un tempo, l’essere rimasto da solo dopo la scomparsa della moglie… Il gregge non ha più tanti animali come in passato, così l’estate la si trascorre quasi tutta qui, spostandosi tra i vari piccoli alpeggi. “Ma qui resto solo una settimana, poi mi abbasso. Troppo pericoloso.”

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Il gregge di Giovanni – Valchiusella (TO)

Molti giovani non farebbero questa vita, in questo modo. Lui, come tanti altri pastori, probabilmente avrebbe continuato fin quando la salute glielo avesse permesso. Ma il lupo contribuirà a farlo smettere prima. Ci parla di un altro pastore che l’ha “invitato” ad unirsi a lui la prossima estate… Sicuramente lui lì, a più di settant’anni, fatica troppo a sostenere anche tutto il carico lavorativo e psicologico che la presenza dei predatori comporta.

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I cani da conduzione del gregge – Valchiusella (TO)

Dei cani da guardiania lo aiuterebbero a fronteggiare gli attacchi, ma probabilmente Giovanni pensa che non valga più la pena di introdurre questo cambiamento, con tutti i problemi di gestione che questi animali comportano. “Non vado più avanti a lungo…“. Lo capisco: so com’è stata la sua vita, vedo come vive oggi, per lui il gregge è quel qualcosa che lo aiuta ad andare avanti nonostante i tanti pensieri rivolti al passato e a chi non c’è più. Non riuscire più a difendere i propri animali fa male. E’ dura per un giovane, ma lo è molto di più per un’anziano. Molti, alla sua età, si godono felicemente la pensione, lui invece è lassù, da solo, con qualsiasi condizione di tempo. Non chiedetemi chi glielo faccia fare: se conoscete il mondo degli allevatori, della pastorizia, sapete bene che il motore di tutto si chiama passione.

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Al pascolo – Valchiusella (TO)

Così temo che verrà presto un’estate in cui questo gregge non salirà su per le strette strade e i sentieri della Valchiusella. E forse nessuno prenderà il suo posto, in queste montagne difficili. Certo, non è solo il lupo a far smettere Giovanni, ma come sempre è quella goccia che fa traboccare un vaso che si è riempito pian piano.

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Pecora di razza biellese – Valchiusella (TO)

Permettetemi però di fare qualche riflessione: dalla primavera fino ad oggi quotidianamente ho visto, tra le immagini pubblicate dai miei amici e contatti sui social, foto di animali predati. Lupi, ma anche orsi (non in questa parte delle Alpi, per ora, mentre invece il lupo si è man mano spostato anche verso Est). E non solo nel nord Italia, ma anche sugli Appennini. Il problema è vasto, esteso, colpisce il grande come il piccolo allevatore, chi ha migliaia di capi e chi cerca di preservare piccoli greggi di razze in via di estinzione. Ma non solo pecore, anche capre, bovini, cavalli…

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Montagne “come una volta” – Valchiusella (TO)

In rete c’è chi ha le soluzioni per tutti (ma spesso non fa questo mestiere), c’è chi si lamenta e basta, c’è chi vuole venderti i suoi cani, c’è chi insulta pastori e allevatori così a prescindere… Dal momento che non amo alimentare le “voci”, parlo e scrivo solo quando conosco le situazioni direttamente, perché non mi fido più di nessun “sentito dire”. Così non ho riportato nessuna notizia, non potendo verificare le fonti. Ho letto, ho osservato e ascoltato. Oggi vi ho raccontato la storia di Giovanni, perché è una delle tante che compongono l’immensa galassia di quelli che hanno problemi con il lupo.

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Capre e pecore – Valchiusella (TO)

Però ce ne sono tante altre che, secondo me, potrebbero andare diversamente. E’ vero che la “convivenza” con i predatori non esclude vittime, ma se uno vuole andare avanti e non chiudere l’attività, qualcosa lo deve fare! Mi fa rabbia vedere le immagini degli animali sbranati, ma me ne fa ancora di più leggere sotto le lamentele di chi non fa niente per proteggere i propri animali. Ormai si sa che i predatori ci sono, non siamo più negli anni in cui si parlava di pochi esemplari vaganti. I branchi ci sono, nascono cuccioli, il territorio è stato man mano colonizzato. Sapendo cosa comporta cercare di difendere i propri animali con i mezzi legali (costi, fatica, problemi con gli altri fruitori della montagna – vedi qui un mio recente post sui cani da guardiania), uno sceglie come comportarsi. Ma chi si ostina a lasciare liberi e/o incustoditi i propri animali, sa che rischi corre. Nessuno è obbligato a prendere i cani da guardiania, usare i recinti per la notte, ecc… ma se poi ti capita qualcosa, al giorno d’oggi, in zone con presenza stabile di predatori, non puoi metterti a lamentarti facendo la vittima.

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Arrivano nuvole e nebbie sul gregge – Valchiusella (TO)

Giustamente si indigna chi ha predazioni “nonostante tutto”, ma devo dire che solitamente si lamenta meno di chi invece non ha messo in opera alcun metodo di prevenzione. L’altro giorno per esempio in Alta Valle di Susa è avvenuta una predazione dentro ad un recinto dove si trovavano pecore con gli agnelli. C’era anche un cane da guardiania all’interno, cosa che probabilmente ha evitato perdite maggiori (una pecora uccisa, un agnello ferito gravemente che non è poi sopravvissuto). Può quindi succedere anche questo, quindi in quel caso sì che ci si può lamentare dicendo che servono anche altre forme di difesa.

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Pascoli difficili in Valchiusella (TO)

E’ auspicabile che qualcosa si muova e che finalmente si autorizzi una difesa “attiva” del gregge. Al fatto che i lupi siano in via di estinzione non ci crede più nessuno. Non so che validità possa avere sparare con proiettili di gomma, ma perché non si inizia a provare questa strada, per esempio? Comunque, la mia opinione è sempre quella: se si arriverà ad autorizzare lo sparo, l’abbattimento, deve essere il pastore a poter intervenire. Lo sappiamo tutti che un animale (anche solo il cane o il gatto di casa) va punito mentre compie un misfatto o comunque quando viene colto in flagrante. Che senso ha organizzare delle squadre che vadano a cercare il lupo che, magari una o due settimane prima, ha colpito un gregge? Se il pastore ha un porto d’armi ad uso sportivo, che possa sparare al predatore quando lo vede arrivare nel suo gregge. La sua capacità nello sparare e il buonsenso nel farlo non differirà da qualsiasi altro cacciatore. I lupi devono associare il pericolo all’uomo, al gregge. Chissà se mai si arriverà a questo… intanto continuiamo con le tante parole, con la disinformazione, con la strumentalizzazione delle parole di tizio e di caio, con gli insulti on-line… e con le stragi di animali, custoditi e incustoditi, al pascolo e appena fuori dall’ovile, in montagna, in collina, in pianura…