Non credo succeda solo a me, immagino che anche altri (allevatori, agricoltori di montagna) si siano sentiti fare la lezioncina da qualcuno che sapeva come fare per dare una svolta alla sua attività che cerca di barcamenarsi per sopravvivere. “Ma perché non… (trasformi i tuo prodotti, non fai un punto vendita, non apri un agriturismo, non fai una fattoria didattica ecc ecc ecc).” Avete mai sentito queste parole?

Ieri mi è capitato di vedere delle belle foto di una località non lontana da qui, pubblicate da una pagina che pubblica immagini di escursioni tra Piemonte e Valle d’Aosta. Data la poca neve su queste montagne, chi cura questa pagina era salito fino ad alcuni alpeggi, incontrandone di abbandonati lungo il percorso.

“Ciò che resta dell’Alpe (…). Non mi soffermo a ripetere ciò che penso, faccio solo notare che anche a fianco di questa pur ottima sterrata sono di più gli alpeggi abbandonati di quelli in attività.” E’ vero, dove c’è la strada è più facile arrivare, ristrutturare, lavorare in un certo modo. Ma non basta una strada per risolvere tutti i problemi. E soprattutto, tu escursionista “della domenica”, cosa ne sai del vivere e lavorare in montagna?

Ho provato a rispondere spiegando che in quella realtà (così come altrove), l’attività d’alpeggio è ancora praticata nella stagione estiva, ma ormai le cose sono molto cambiate rispetto al passato, così succede che si utilizzino i pascoli, ma non più tutte le strutture. I motivi possono essere i più svariati: ogni luogo, ogni realtà, ogni azienda ha i suoi. In generale comunque sono stati ristrutturati i tramuti principali, dove si vive e si pratica la caseificazione, mentre di quelli secondari si utilizzano solo i pascoli. Se particolarmente scomodi o lontani da raggiungere, in quei pascoli vengono lasciati animali in asciutta, non produttivi.

Il nostro amico (o amica, non so chi ci sia dietro alla pagina) però mi risponde che “È così anche dalle mie parti, ma così facendo i pascoli più piccoli vengono gestiti e seguiti meno bene, e pian piano, anno dopo anno, il bosco “se li mangia”. E questa sorte poi tocca a pascoli meno piccoli … in questa escursione ne ho incontrati parecchi che piccoli non erano affatto, ma semiabbandonati sì. La tecnica che hai descritto va bene su orizzonti brevi, non se si guarda a un futuro di decenni. …il futuro sta nella produzione di formaggi di qualità, e questa produzione richiede alpeggi ben attrezzati. Senza di questi vedo un futuro problematico.“

Tutto giusto, per carità, ma… dal di fuori è sempre facile. Quanti fattori sono cambiati rispetto al passato? Spese, vincoli per fare certi lavori (per esempio locali per la caseificazione), personale presente in alpeggio… Aggiungiamo poi altre problematiche che possono andare dalla scarsità d’acqua in certi pascoli al problema dei predatori che impongono una gestione differente degli animali. Tutti noi ci siamo trovati a dover cambiare molte cose, anche solo negli ultimi anni. C’è meno tempo per tutto, aumentano gli impegni, diminuisce il personale, il nucleo famigliare si trasforma, il reddito è sempre più risicato.

Nel nostro caso chi scrive dice di avere origini legate al mondo zootecnico alpino “…sono cresciuto tra le bovine. Conosco i problemi che descrive. Tuttavia, frequentando molte diverse valli sia in Vallée che in Piemonte, le posso dire che in certe zone questi problemi sono stati superati. Il segreto, che è un segreto di Pulcinella ma spesso se ne trascura l’importanza, è di puntare NON sulla quantità ma sulla qualità. Pensi alla zona del Castelmagno … e 38 euro al chilo lo stagionato d’alpeggio 20 mucche in produzione bastano e avanzano. Lì tengono puliti anche i fazzoletti di terreno, altro che i pascoli minori.
Potrei fare numerosi altri esempi, sempre sulla stessa linea. Anche in Vallée ci sono casi virtuosi. Non solo fontina … penso al successo sempre crescente della Toma di Gressoney. La Toma dell’Alpe Maccagno sul versante opposto, in Val Vogna. Ecc. Dimenticavo. La seconda parte del segreto è la vendita diretta.“

Giusto? Certo, sono la prima a parlare sempre di qualità e non di quantità, ma… anche in questo caso i discorsi che leggo non possono essere fatti per ogni realtà. Molti formaggi sono legati a un territorio (e non solo) dal disciplinare. Nella maggior parte del territorio valdostano si fa Fontina e quella d’alpeggio, in alpeggio, non la trovi praticamente mai (a meno che sia dell’anno prima o che sia il mese di settembre e gli animali siano saliti a maggio, la stagionatura minima deve essere di 80 giorni). Non sono molti gli alpeggi dove si pratica la vendita diretta, in Valle d’Aosta, chi la fa è in un luogo di grande passaggio dove può commercializzare anche prodotti freschi e altri formaggi diversi dalla Fontina. Nella zona dov’è passato il nostro amico escursionista c’è pochissimo turismo, non ci sono mete alpinistiche, solo lunghissime strade poderali chiuse al traffico che vanno bene per ciclisti o qualche camminatore che non si spaventa di partire da bassa quota anche nella stagione estiva.

…e comunque a Castelmagno non ci sono mandrie con 20 vacche… è da un po’ che non frequento la zona, ma già 20 anni fa, quando mi ero occupata del censimento degli alpeggi, le mandrie di piemontesi da quelle parti superavano di gran lunga i 100 animali (non tutti in mungitura, ma i numeri erano quelli).

Uscendo dal caso specifico, in generale chi fa queste considerazioni si trova sul posto per piacere (escursioni, vacanze, ecc.), però chiede a te, abitante e lavoratore del territorio montano, di dare di più, come se tutto ciò che non viene fatto sia sinonimo di menefreghismo, di pigrizia, di trascuratezza. “E’ un bel posto, qui… perché non…“. Perché non vieni tu, al mio posto? Perché non provi, perché non lasci il tuo posto fisso, che ti garantisce stipendio, ferie, fine settimana liberi? Va bene la passione, ma anche l’allevatore, l’agricoltore di montagna magari vuole avere la domenica mattina per tirare il fiato, per andare a vedere una manifestazione che gli interessa. Se trasformo il latte poi i prodotti li devo vendere sempre, non solo la domenica quando c’è il sole e passa il turista. Magari proprio davanti alla mia porta non passa, e allora devo andare a portarli a negozi, a ristoranti, devo andare ai mercatini con la bancarella. Mentre faccio quello, ci dev’essere qualcun altro a casa a fare tutti gli altri lavori, a pascolare gli animali, ecc.

Ovviamente niente di personale contro la persona che ha scritto quelle riflessioni sulla sua pagina, è stato solo uno spunto per trattare questo tema. D’altra parte, le medesime considerazioni emergono spesso anche con amici e conoscenti quando pubblico immagini di vecchie case in rovina, borgate e frazioni a mezza quota ormai totalmente abbandonate. “Che peccato, come mai, ma perché?” Perché magari c’è sì la strada, ma non è detto che sia la prima che aprono in caso di neve… Perché oggi, nel XXI secolo, di cosa si potrebbe vivere, in certi posti? Perché il negozio più vicino, il medico, la scuola…

Grazie dei tuoi post: sempre interessanti e istruttivi per noi cittadini 😉
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quando faccio un’escursione “fuori dal mio territorio” sono una turista pure io… 🙂 l’importante è aver voglia di capire e conoscere, non partire con le risposte in tasca!
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Ciao Marzia, hai davvero ragione. Forse è karma perché sono anch’io quella dei consigli non richiesti, ma negli anni mi ha esasperato il continuo ricevere indicazioni su cosa avrei dovuto o non dovuto fare da persone che non avevano la minima idea di cosa stessero parlando!
“Perché non ti specializzi?” “Perché non tieni più/meno animali?” “Perché non chiedi di più/ti fai consigliare da un esperto di marketing?” “Perché non fai una fattoria didattica?” (Questa è quella che mi fa più arrabbiare) Eccetera eccetera. Tutti che sanno cosa sbagli, tutti che ti dicono cosa dovresti fare!
Quando poi ho cercato qualcuno che, a pagamento, mi desse una mano (poi ci ho rinunciato), ho incontrato decine di persone che in teoria volevano vivere “nella natura”, con gli animali, mollare il lavoro, e così via andando per stereotipi, ma poi non si presentavano più o provavano due giorni e non tornavano. E anche lì, arrivavano i consigli degli amici: “pagali di più!”
A parte che se assumi in regola ci sono degli stipendi stabiliti per legge, e a parte il fatto che già uno che ti dice così suppone che tu paghi poco il che è offensivo, ma la gente si rende conto di quanto sono risicati i margini? Se potessimo pagheremmo noi stessi e i dipendenti anche cento euro all’ora come uno psicologo, ma poi cosa fai, vendi le uova a dieci euro l’una??
Uno dei motivi per cui ho intrapreso questa strada è quello della testimonianza, ma alla fine la mia testimonianza potrebbe essere che non ne vale la pena se devi essere trattato da schiavo e da idiota e per giunta nessuno ti aiuta, e non ti resta che mollare.
(“No, non mollare!”, ti consigliano poi quelli che però non ti verrebbero mai a dare una mano…)
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non posso che sottoscrivere in pieno tutto quello che dici… (scusa il ritardo nella risposta, ma per qualche motivo sconosciuto wordpress non mi mostrava più i commenti!)
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